A due anni di distanza da “...And he told us...”, per me l`album migliore uscito nel 2008, un disco che ancora oggi ascolto con piacere e sorpresa, arriva questo “No room for the weak”, nuovo ep dei Father murphy.
Il trio trevigiano non sta facendo molta strada solo con i frequenti tour americani, ma anche con la sua musica a ogni episodio più unica, radicale e appassionante.
Il misticismo del lavoro precedente rimane andando però verso una psichedelia sempe più angusta ma in cui è meraviglioso chiudersi nell`ascolto.
La cosa che mi stupisce sempre dei Father murphy è come riescano a trasmettere percezioni con la loro musica con tanta forza; prendendo ad esempio la prima traccia di questo ep ci si ritrova in un vero e proprio incubo sonoro, un ambiente musicale opprimente, buio, afoso, ma allo stesso tempo estasiante nella capacità di sottomettere le percezioni dell`ascoltatore.
Le canzoni di questo nuovo ep sono quindi un nuovo viaggio desertico e intenso, un`esperienza di ascolto rara, particolarmente considerando il panorama musicale italiano, nonchè l`ennesima prova della creatività di questo gruppo capace come pochi altri di stupire e affascinare a ogni ascolto.
-----------------------------------------------------
Non ho ben chiaro il perché, ma i Father Murphy mi erano profondamente antipatici. Così, a priori. Senza averli mai nè ascoltati nè conosciuti. Forse qualche foto stampa me li aveva resi invisi, non so.
Quindi è stato con molte riserve che ho accolto in casa mia questo loro nuovo EP, ascoltato quindi senza neppure avere idea di come suonasse il disco precedente (e ancora non lo so, ad essere sinceri).
Ebbene, ancora una volta devo ammettere un mio errore. Echi di Joy Division, Swans, perfino dei Neurosis, il tutto senza eccedere nell`enfasi new wave dei primi, nella gloriosa orchestrazione dei secondi, nella devastante potenza metal degli ultimi. Quindi una musica che pesca nel passato ma con molta personalità , mutuando ciò che serve e utilizzandolo con uno spirito sincero, che conquista.
Niente è quindi fuori posto in queste quattro tracce, nè la voce disperata del Reverendo Fred Murphy, nè il drumming ossessivo giocato su tamburi e cassa, e neppure le chitarre asciuttissime, distanti, a volte sì spiccatamente dark wave.
Un disco che in effetti non spiacerebbe neppure ai fan dei Christian Death dei tempi d'oro, ma con elementi moderni quel che basta per poter essere apprezzato anche da generazioni più giovani.
Chiude una riuscita e (inutile dirlo) cupa cover di There is a War di Leonard Cohen. Mi hanno convinto: i miei erano solo preconcetti idioti.
|