Ritorno sotto altre vesti quello dei Verdena, rientrati sulle scene dopo tre anni di latitanza con una di quelle operazioni che non passano di sicuro inosservate. Album doppio, bello paffuto di canzoni, dove la materia grigia e wave, radicata nella band dagli esordi, capitola a una concezione della canzone bagnata decisamente dalle acque cristalline del pop sperimentale. Si, perchè “Wow” ha dalla sua il pregio d`essere un (non) concept sagomato ininterrottamente, canzone dopo canzone, dai tanti caratteri del rock: melodie in ecstasy (Scegli Me), eterea elettricità da shoegazer innamorato (Loniterp), sgranata old-time music (il folk soave di Razzi arpia inferno e fiamme), infrangibili tocchi di minimalismo strumentale (provate a sentire il piano su Miglioramento), dense ibridazioni tra canovacci beatlesiani e neo-prog (Il nulla di O) che lasciano il passo a danze più marcatamente progressive (i bramati barocchismi a mò di solida corazzata in Le scarpe volanti che fanno tanto Genesis). Lo spazio alla durezza espressiva d`un tempo è in parte preservata nei riff sputa-fuoco di Mi Coltivo quanto nel mood spaventosamente post-punk, coniato a suon di basso pulsante molto wane con Lui gareggia. Il secondo cd continua a viaggiare sulle medesime coordinate, alternandosi tra sporadiche esplosioni di caos (la stoneriana Attonito, l`indie bruciante di Sul ciglio) e variabili bozzetti di raffinato cantautorato, dove si conquistano il premio della qualità la placida Tu e me, bivio celestiale tra fraseggi country e Burt Bacharach, A cappello, ludico cocktail a base di vocalizzi diafani altezza manhattan transfer, la spudorata aria british di Rossella roll over (il retaggio dei 4 di Liverpool è ancora nell`aria), la gracilità di Letto di Mosche come l`incalzante crescendo del basso emerso con La volta, saggio strumentale che aspira palesemente agli eighties. In linea di massima la predilezione del sottoscritto va senza dubbio per il primo disco, aprendo di seguito una piccola vertenza sull`innegabile prolissità dell`opera nella sua interezza. Di fatti “Wow” non fa altro che ricordarmi i primi esperimenti solisti di Paul McCartney successivi allo scioglimento dei fab four, in cui navigava di tutto, dal pop alla musica elettronica, dal bluegrass all`hard-rock, e quindi privi di una metrica compositiva che suonasse, come dire, deontologicamente chiara e solida. Fortunatamente lo stesso imprinting di allora si respira a pieni polmoni nella stralunato manufatto dei Verdena.
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