Tempi di revival, sempre e comunque. Si ripesca dal passato più remoto, ma anche da quello più recente. Anni `90, sembra ieri ma in effetti non lo è, ed i vent`anni che sono passati non sono evidentemente bastati a farmi incontrare gli Appliance, band che su Mute ha avuto i suoi momenti di gloria, forse mai tale da renderli veramente popolari.
Può dunque accadere che pur avendo io ascoltato elettronica, post-rock, new new wave o derivati, non ne abbia mai sentito parlare fino ad ora.
Ignorante, direte semplicemente voi.
Vero, rispondo, ma anche vero che ad una sommaria indagine tra amici melomani e non questi Appliance non risultano esattamente un must (in più per quel che possa valere, non son riuscito a trovarli manco su Wikipedia).
Ode dunque all`inglese Rroopp, etichetta dedita esclusivamente a ristampe di questo genere (in precedenza omaggiati Yellow 6 e Amp, due altre band che non hanno mai davvero `sfondato`): triplo CD con peel session, b-sides e primissimi EP, il tutto raccolto in una sontuosa confezione dalla grafica minimale e gelida, in perfetta sintonia con la musica. La quale è appunto una glaciale, ordinata, ripetitiva sequenza di tracce dove chitarre fredde e synth calibrati si snodano seriali su ritmiche regolari, pulsanti, mai invasive, accompagnate tratti da basi elettroniche minimali dal gusto vagamente eighties. La voce, dai tratti volutamente poco espressivi, come un Colin Newman dal timbro distaccato, accompagna (più che guidare) tutto il resto, come tenendosi a distanza. Sono in effetti i Wire della fase degli anni `90 (quindi in quel momento loro contemporanei) il paragone più vicino, con la differenza che gli Appliance lavorano ancor più per sottrazione alle loro tracce, gelidi e regolari come macchine, ma macchine con un cuore malinconico. Non c`è dubbio che una certa monotonia possa essere il difetto principale di questa musica, ed è paradossale ancor di più se si pensa che i brani qui contenuti vengono da periodi, situazioni e registrazioni diverse, ma al di là di una sonorità un po` più grezza dei vecchi pezzi contro invece un suono `lisciato` per quelli recenti, a volte pare di ascoltare un unico flusso di suoni omogenei. Se ci si lascia trasportare, si entra in un mondo nel quale è difficile poi uscire, tanto da sorprendersi a voler ripartire dal primo CD una volta finito il terzo.
Per tutti coloro invece che il terzetto inglese già lo conoscevano: un`imperdibile opera per completisti. Ma a loro questa recensione di certo non serve.
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