Il cd comincia a girare, l`amore giunge quasi istantaneo.
Lili Refrain si adopera come piccola artigiana; schiva e defilata.
Sette brani che emanano un aroma inebriante e desueto, sette piccole perle da amare intensamente.
Fuori dal coro sul serio.
Di base, son graziose miniature post rock per sola chitarra e voce, in verità ; questi son materiali assai più nobili.
Un gusto che a forza di arpeggi, ripetizioni ascensionali e vampe distorte, rimanda il pensiero alla lisergia emanata tempo addietro da Kendra Smith e Sylvia Juncosa.
Folk rock che si tinge di trame più scure, Opal e Mazzy Star, roba da acidi leggeri, colorati e leggermente malinconici, Bottoni Rossi sarebbe piaciuta ai Codeine; ma anche al blu infinito generato da Roy Montgomery.
La bellissima Out Of The Blue Box, le sue pennate decise, armonici come corallo, emanazione diretta del paisley underground di metà ottanta.
Polyphylla e Terra son territori folk su cui si stendono nubi psych/wave.
Lili possiede il senso della visione, tanto d`augurarsi che non venga intaccato da paturnie avant/impro di routine.
Un cristallo che vorresti puro per sempre.
Qualcosa che ha a che fare con la memoria ed il silenzio, con il pane appena tagliato ed il vino rosso.
Roba genuina, rustica, che ti prende il cuore e te lo spreme come un tubetto.
Lili percorre strade poco battute, da sola, la nostra presenza forse è ingombrante, ed il sole secca la gola impedendo di parlare.
Ed è un bene, non resta altro da far, che metter un piede davanti l`altro proseguendo il cammino.
Ci stupirà e sorriderà .
Ancora.
Ed ancora.
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