“Tarlo terzo”, il nuovo disco dei Bachi Da Pietra, completa un`ideale trilogia iniziata nel 2005 con “Tornare sulla terra” e proseguita lo scorso anno con “Non io”. Tre dischi in cui Bruno Dorella e Giovanni Succi hanno tracciato un percorso, si sono cuciti addosso uno stile, che di tappa in tappa si è fatto sempre più tagliato a misura, vicino al punto di perfezione. E` inutile dire che chi ha amato come me i primi due dischi dei Bachi amerà anche “Tarlo terzo”, carico com`è di nuove e vecchie suggestioni. Perché, in un quadro generale, rimandi e citazioni sono parte di un arco narrativo unitario e girano intorno ad un microcosmo di magnetismi sonori ben delineati. E` un disco che parla di solitudine e nonostante ciò, vivo, carico di rabbia mal celata e di suoni graffianti e sbattuti in faccia (l`inizio bruciante di servo, le rasoiate risolutive di lui verrà ) o più subdolamente dolorosi (le definitive dal nulla per nulla e per la scala del solaio). Dopo essersi ricongiunti alla terra, i Bachi Da Pietra hanno scavato profondamente nel proprio io giungendo adesso alle inevitabili nonchè difficili relazioni sociali in cui ci si ritrova `perfetto in un mondo di estranei` ed alle prese con `i bastardi della prossima occasione`, per poi scoprire che il posto migliore in cui stare è un angolo sudicio sotto la scala di un solaio, e l`unica via di fuga è una sentenza senza appello.
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