Toccare il territorio è come toccare il fondo di un dna che arriverà prima dell'autore stesso. Più che di musiche ci sarebbe bisogno di topografie territoriali e vedere come slittano nell'interfaccia del cervello di un musicista come Kutomo (in questo caso) che sta alla Finlandia come il freddo sta all'inverno. Non è la prima volta che dischi provenienti da queste lande suonano sinceri e veritieri, e non sarà nemmeno l'ultima. Proprio da queste terre, nell'ultima decade si sono fatte avanti formazioni o progetti in solo estremamente espressivi. E` però rara la contingenza storica con cui questi due musicisti, Kutono ed Aalto, vengono pubblicati dalle romane Centre of the Wood e dalla neonata etichetta amica, Dala Horse. Nuovamente da questi territori diramati ed in qualche modo sacri, centrali per l'avant-folk più importante e stralunato, arriva l'ennesima prova esoterico-folk di un musicista che aveva dato già qualche cenno di esistenza convincente nel suo precedente esordio su 267 lattajjaa, altrettanto frammentario come questo, e concepito come una sorta di memento mori. In appena 25 minuti dirottati tra organetti, tastierine, qualche strumento a fiato, e fraseggi appena accennati di strumenti a corda sospesi tra delay e tappeti distanti, si erge la voce cantilenante di Kutomo, che come tutta la musica di questo nuovo corso sonoro, viaggia tra lidi non disdegnanti l'acustico e l'analogico, lo strumento reale ed il suono naturale e 'trovato' ma qui a farla diversa è l'ambientazione cinematica e topografica, che Kutomo riesce a tratteggiare come si trattasse di piccoli bozzetti d'ambiente con la stessa sensibilità di un novello pittore che ritrae un posto magico e meraviglioso con verisimiglianza ma lo esaspera nella sua brama caricaturale. Del lotto dei materiali finlandesi, forse questo è quello che meglio traduce ciò che è interno ad un territorio. Nei testi, presenti qui in inglese ma cantati in finlandese, si sente dire «In autumn are all coloured emotions, I would like to be strong» che, in un ritratto di smarrimento espressionista, rappresenta una sorta di logo intenzionale del suo ispiratissimo autore, che sta dietro una musica che si fa intensamente portatrice di stati d'animo difficili, marginalizzati, ai limiti dell'isolazionismo (termico) ed interiore. Troverete piccoli abbozzi che somigliano a dei brani e che ricordano l'inteleiuatura bozzistica che c'è sotto certi quadri da completare, troverete un suono che diventa familiare ed ipnotico e che racconta di foreste, di terre innevate e di una notte onnipresente, e troverete pure qualche timido tentativo di pezzo da camera, cosa che gli attribuisce la forza di essere ascoltato andando molto al di là di un filone sonoro preordinato. Se "Lauluja surun kaaresta" si trova al top è perchè abbiamo bisogno di musica sincera e non più di cose seriali, fatte per finire qui e lì come si trattasse di merce troppo facile da sdoganare e per fare curriculum.
Due parole sulla Dala Horse bisognerebbe spenderle: di cd-r e cd ce ne sono capitati a iosa, ma un artwork impeccabile come questo no! Chiuso dentro il legno, stampato su carta Fabriano (con foglia naturale) e dettagli che farebbero rabbrividire il designer più acuto, è disponibile solo in 36 copie, scelta che fa tremare se consideriamo che magnifiche cazzate vengono stampate ogni mese su etichette ultrapompate e tutte uguali. Questo tipo di produzioni ha pure a che fare con un significativo punto di non-ritorno per l'annosa questione cd-r in tempi di myspace brutalizzante, di blog scaricaqualsiasicosa e di piattaforme dinamiche come soulseek dove recuperare un'intera discografia di uno di questi musicisti risulta veloce quanto accendere e fumarsi una sigaretta. Se consideriamo che tra cd-r label nate più o meno su quattro piedi, c'è spesso e volentieri una profonda incompetenza e lassismo iconografico, per non parlare di un disco buttato dentro un pezzo di carta igienica, un'etichetta che punta su un'edizione così, certamente mette la parola fine a ciò che dovrebbero essere davvero i dischi in cd-r: degli oggetti necessariamente altri, con dentro della musica concepita per passare nelle mani di chi ascolta senza incuria per chi fa musiche senza strategie. Se consideriamo che le etichette in cd-r spesso bleffano sul numero di copie prodotte, e che sostanzialmente, considerato i formati che fanno, potrebbero stamparne 1 quante 1000 di copie, una volta tanto, come in questo caso, sarà l'ascoltatore o ad accaparrarsi la sua copia con sopra scritto il suo nome, o rischiare di trovarla sold out dopo 4 giorni; e credo fermamente che questa cosa faccia finalmente bene!
Se è verso l'Occidente che l'Impero dirige il suo declino, sarà ad Oriente la Svolta da segnare/segnalare come una capitolazione. Aalto è una mistica cuneiforme, imparentata con gli slanci mediorentiali e con le sussultazioni ancestrali tipiche di certi dischi di frontiera che viaggiano su etichette para-etniche come Ethnic Folkways, Nonesuch Explorer, Unesco, Playasound, Tangent, etc. L'intento dell'autore Sampo Salonen, a cui si sono aggregati alcuni loschi figuri nella formazione impiegata per questo lavoro, è quello inevitabile di distaccarsi da quegli atteggiamenti che hanno reso la musica folk finlandese una materia a sé, quasi un genere di riferimento a parte rispetto alla medesima tradizione folk a cui tutti i musicisti sono legati. Il disco è suddiviso in due parti, una più solare dal nome "Aalto" (ma non è il termine giusto) che fa piuttosto paura dal momento che dentro ci ritroverete dal bastone della pioggia, al clarinetto... ed una seconda parte "Aalto Senior" che appare più meditativa, e si spinge oltremisura fino al primitivismo tribale da modernariato (la chitarra che lavora sugli intarsi di Lintu è uno dei tanti aspetti di questo capolavoro infinito). Aalto sta più ad un disco di Ocora rispetto a quanto stia ad etichette come Fonal e similia. Ci sono molte cose strane dentro: una serie di refrain sixties, assai passaggi suonati con la gola o meglio throat singing, a mo' di musica di Java, le similitudini stanno con Alan Sorrenti prima maniera, Quintal de Clorofila, o di una Incredible String Band che swinga coi Dead Can Dance in Lapponia piuttosto che i ritardi, le pause, gli errori, gli elementi spuri e contaminati da feedback o da voci dell'altro mondo che si trovano in materiali consoni a questo. Inoltre si respira una competenza tecnica parsimoniosa tra soluzioni ed intrecci sonori e qualità delle registrazioni, che l'appartenenza geografica finlandese sembra più un caso che qualcosa che inserisce "Aalto" direttamente dentro quei suoni. Questa produzione di Centre of the Wood, costola dell'etichetta sorella Cold Current, pone sia Aalto che l'etichetta stessa, al centro della scena internazionale delle musiche di confine tra wood o forest-folk, neo-psichedelia rurale, o detto semplicemente dell'avant-folk che qui si contamina con l'etnica più perfida e originale. Si tratta di un passaggio obbligatorio che vi aprirà diversi mondi e dentro questi mondi ancora altre porte ed altre stanze nascoste.
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