Forse in risposta al malvagio governo Sarkozy stanno emergendo in Francia negli ultimi tempi parecchie band dedite ad un rock parecchio incazzato (c`è da chiedersi perchè non avvenga lo stesso nel nostro paese, che è messo pure peggio, ma forse noi ci meritiamo gli Amour Fou), di cui abbiamo già parlato su queste pagine. La loro musica non è grezza come il punk, non è sguaita come l`hardcore, non si mischia al metal, è spesso piuttosto tecnica ma non può essere definita math rock. In genere, si può stare sicuri che i tizi hanno qualcosa da dire, come questi Doppler, dalla bella città di Lione, la cui musica pare sia stata definita come “intellectual hard rock”, oppure noise rock. Si sa, le etichette contano poco, ma voi che leggete qualcosa dovrete pure cercare di immaginare di questo combo in realtà attivo dal 1998, in era pre-incazzatura politica (erano già incazzati prima credo, e ad essere sicnero non posso assicurare che ce l`abbiano col proprio governo), le cui sferzate ritmiche colpiscono senza sosta, ma non senza fantasia, con cambi di tempo, intensità , un cantato che si affaccia di tanto in tanto senza stufare (sebbene piuttosto monocorde nel filtraggio perenne operato sulla voce), una batteria di norma frenetica e gli altri strumenti che seguono a ruota su volute a volte circolari a volte semplicemente martellanti. C`è qualcosa nel suono che mi ricorda i Black Sabbath dei vecchi tempi, ma i ragazzi qui potrebbero non gradire l`accostamento, dato che nella press sheet dichiarano di sentirsi affini ai connazionali Ulan Bator (però di certo più varii nella loro ormai vasta discografia) o agli Shellac. Non manca una certa dose di gioia, enfatizzata dal riuscito clapping con cui si apre New Balls, ma anche di cupa ed elaborata tensione: è l`ultima traccia, The Coming Out il vero capolavoro del disco, con i suoi dieci minuti e mezzo di vivace crescendo, avente nulla a che vedere con le cavalcate ormai spesso noiose che copiano il post-rock primigenio dei Mogwai. Qui i lionesi al contrario sembrano affondare le radici in un (comunque certo non nuovo) crescendo quasi progressivo da anni `70, tra chitarre che trapassano la ritmica con rasoiate sbilenche e un`enfasi finale liberatoria.
Non un disco da consigliare a scatola chiusa, meglio capire bene di che si tratta prima di tuffarcisi (e comunque qualcosa dei Black Sabbath continuano a ricordarmelo...).
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