Autore disco: |
Peter Garland |
Etichetta: |
Cold Blue (USA) |
Link: |
www.coldbluemusic.com |
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2009 |
Titoli: |
String Quartet No. 1, "In Praise of Poor Scholars": 1) Rondeau "noveau" 2) Like an elegant slow dance... 3) Back to the 14th century... 4) To the memory of Dane Rudhyar 5) Son Huasteco (for Jim Tenney); A Walk in the White Place (for Ann Holloway) 6) Like a simple Indian dance - elegant and eloquent; "Look this outrage in the eye and pout on the dancing music!" (Carolee Schneemann) / String Quartet No.2, “Crazy Cloud”: 7) Sado 8) Mori (the blind courtesan and singer who became Ikkyu`s lover) 9) ”Sueño en Rio Grande” (title of a song by Las Hermanas Padilla) 10) Blues for Helena 11) ”From the Mountains, Returning to the City” (title of a poem by Ikkyu) |
Durata: |
51:33 |
Con: |
Gordon MacKay, Hilary Sturt, Bridget Carey, Anton Lukoszevieze
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post-minimalismo: un`immersione nell`impero dei sensi |
x e. g. (no ©) |
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Quando iniziai a scrivere di musica, più di dieci anni fa, una delle mie prime recensioni trattava di un quartetto d`archi. Ricordo che un lettore scrisse, o telefonò, al direttore esclamando scandalizzato «un quartetto d`archi!!!!», e con ciò intendeva mettere in rilievo l`assurdità di affrontare una forma musicale decisamente anacronistica e obsoleta. Oggi si trattano con nonchalance lavori per quartetti d`archi anche nelle riviste di metal e questa forma di composizione secolare sembra essere stata realmente sottratta alla polvere. E allora ero forse avanti con i tempi? In realtà non ero nè avanti nè indietro, ma semplicemente figlio della mia epoca, un`epoca in cui le forme della modernità e del classicismo (e molto altro) vanno a confluire in un guazzabuglio che sembra comunque ben distante, ad eccezione di rari casi, dal produrre qualcosa di `realmente innovativo`.
Questi due quartetti d`archi di Peter Garland non possiedono certo la forza eversiva dei lavori di Radu Malfatti o Elliott Sharp e neppure ostentano la prepotente modernità di tanti altri compositori contemporanei. Hanno, viceversa, un sapore antico. Eppure è impossibile non restare basiti di fronte alla profondità , all`ardire e alla fantasia degli intrecci armonici creati da Garland. Composti rispettivamente nel 1986 e ad iniziare dal 1994, i due lavori utilizzano la forma per eccellenza del classicismo da camera per ripercorrere i temi ed i territori notoriamente cari all`autore: dalle mese del Messico e degli stati a sud dell`Unione ai templi dell`estremo oriente. I titoli dei vari movimenti, e le dediche ad essi associate, narrano di tutto ciò ed è impossibile non riconoscervi l`autore sensibile che in passato ci aveva già dato opere amate quali “Border Music”, “Matachin Dances”, “Nana + Victorio” oltre alle scritture per pianoforte affidate alle delicate mani di Aki Takahashi. Ma i riferimenti si allargano a Fluxus (Carolee Schneemann) ed alle avanguardie musicali americane in generale (Dane Rudhyar e Jim Tenney).
L`esecuzione è affidata al quartetto Apartment House, formato nel 1995 da quello stesso violoncellista (Anton Lukoszevieze) che oggi ritroviamo anche quale componente dei favolosi Zeitkratzer, e la supervisione-produzione è pertinenza di Jim Fox insieme agli stessi Garland e Lukoszevieze.
E alla fine non si può che essere d`accordo con quanto scritto da Lou Harrison (allargando però il giudizio ad entrambi i quartetti): «Peter's quartet [No. 1] is the most beautiful thing since Corelli».
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