Gravida (pronta a partorire musica). Questo è lo stato fisico della `triangola` messa in esercizio da una fazione di incantevoli demoniette. E il parto è avvenuto senza necessità di tecniche ostetriche avanzate e senza necessità di tagli cesarei, con naturalezza, com`era un tempo, in presa diretta, in un fienile... e spero non sia stato in una notte fra il 24 e il 25 Dicembre, chè altrimenti si verrebbe a creare una inconcepibile sovrapposizione di competenze. Tre demoniette che corrispondono ai nomi che vedete scritti sopra e che sicuramente conoscete già per averne saggiato le qualità in altri contesti. Ma non sempre, in musica almeno, 1+1+1 è uguale a 3, spesso direi che il risultato si mantiene addirittura molto al di sotto di quella che è la sommatoria delle singole componenti, ed è quindi con una certa sorpresa che mi appresto a tessere le lodi di un`opera prima la cui validità supera anche le mie più rosee aspettative. Gli elementi? Innanzi tutto ho l`impressione che si tratti di un ensemble alquanto equilibrato, come raramente accade, al cui interno gli spazi e le competenze sono equamente suddivisi, e soprattutto dove ognuna delimita ed argina gli eccessi dell`altra, fino al raggiungimento di un armonia che può apparire precaria e invece è piuttosto stabile e stabilita. Inoltre l`alternarsi e l`interagire delle tre voci e di un insieme strumentale piuttosto eterogeneo, che comprende flauto, chitarra, tastiere ed elettroniche, pone le basi per un risultato indiscutibilmente vario e ricco di richiami e riferimenti, tanto alla musica contemporanea composta ed improvvisata quanto al rock con le sue derive psichedeliche, industrial e/o rumoriste. Dopo una breve e delicata introduzione, potrebbe benissimo appartenere ad Enya, viene il brano più lungo e articolato del disco, 16 minuti nei quali è possibile ascoltare una sinfonia di suoni, rumori e voci dislocabile fra le composizioni elettroniche di Luciano Berio e certi risvolti industrial rumoristi della sperimentazione rock. Nel terzo brano il ronzio delle voci suona più gotico e solenne, mentre la chitarra viaggia in odore di acida psichedelia, e il tutto si dissolve nelle spire di un`altra piccola maratona, con ancora accenni industrial, una voce tribale che canta in `falso` giapponese, accenni operistici e urla alla Patty Waters. Il finale è tutto a favore di una voce che recita ubriaca un testo che viene ripreso da una seconda voce cantante, mentre lo sfondo musicale mantiene un ritmo strascicato e ripetitivo. Pochi secondi di risa ed urla fanno da suggello a questo ottimo lavoro che, come avrete capito, supera ampiamente quel 3 dato dalla mera sommatoria matematica di cui s`è detto nelle prime righe. E, avendo visto in concerto la notevole prestazione di una formazione allargata a Stefano Giust e Dominik Gawara, ho l`impressione che le loro potenzialità siano state espresse solo in piccola parte e vi siano quindi margini concreti per intriganti evoluzioni.
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