Tomasz Gadomski and Tomek Mirt l`incontrai per diversi lidi tra ascolti, passaggi, avventure sonore. Sappiamo già del Brasile che c`è nella loro Polonia, così come conosciamo la loro predilizione per l`illustrazione vignettistica, a tratti naif, sempre poco declamata, gridata. E questo è un altro episodio della loro discografia... non so se il più bello, forse non certamente il più ispirato, ma è un disco comunque importante per il fatto di essere meno immediato degli altri loro lavori. Che c`è dentro questo suono è cosa assai complicata a dire: c`è analogismo campionario così come spruzzi ostinatamente celestiali (la meravigliosa “sì sì”, che dà il titolo all`intero disco), c`è materia memoriale che ripercorre movimenti canonici che vanno dal grande al piccolo ed al più piccolo, e così tocchi solitari di synth si sciolgono su ammortizzazioni ritmiche oppure si spargono attorno a certi elementi poetici piuttosto abbandonati, mai declamati e solipsistici. Come nel disco dei Brasil & Gallowbrothers Band, le “migrazioni interstiziali” tra tessuti molli e planimetrie cinematiche, quasi musica di visione indurita e notturna, si spezzano e si stemperano per traiettorie molto più fragili e prevedibili di certi complotti che avvengono quando due musicisti lavorano attorno ad un progetto per certi versi “passeggero” ed è proprio questa indeterminatezza esfoliata, una corsa senza meta, come una passeggiata in un parco ad Aprile tra alberi e cose che si muovono, a determinare lo stilismo toccante e vibrante di questa materia. Similitudini ce ne sarebbero, così come ci sono tanti strumenti che suonano insieme (tra moog e gongs, harmonium e trombetta modificata) ma non sono gli archetipi quelli che interessano da queste parti, quanto tutti i “debolismi”, “le stasi”, “i materiali che si sfrenano” e che lasciano le meccaniche variopinte del mancante nel suo gioco direttivo che difetta ed attraversa come un grande vuoto il presagio di una musica a tratti crudele, a tratti rassicurante. Le rincorse percussive di “track with udu”, o i rimandi coiliani dietro le inflessioni glitches addensate come cartilagini nomadi su macchine specifiche, o gli impiastri alla Ash Ra Temple che non sono solo strati d`elettronica con tappeto ma composizioni il cui contenuto si poggiò su coagulazioni, accumulazioni, articolazioni doppie e triple, ciascuna di essa rinnovata attorno a codici, ambienti e ritmi. Sostanzialmente il materiale è ambient e potrebbe rimandare all`ultimo disco di Bird Show senza il suo monotemismo;; oppure lo si potrebbe chiamare “ambient progressivo” se consideriamo una serie di bpm sotto certi brani (murky pics with trumpet). Non si tratta propriamente di novità , nè di particolari scompigli di genere... è certamente un lavoro importante, pieno di stimoli ed immensamente umile.
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