Personalmente sentivo la mancanza di una raccolta che facesse in qualche modo il punto (e il sunto) della sperimentazione musicale nei sottosuoli dell'intero territorio nazionale, e così questo notevole primo tomo della Niente Records (dove le presenze 'out' sono limitatissime e comunque legate produttivamente a realtà discografiche attive nella penisola) giunge a buon proposito. Sono i romani Vonneumann ad aprire le ostilità con un brano che inizia pavido per poi sfogare in un`idea molto juneoffourtyfouresca. Seguono i molto più scompaginati e cacofonici St.ride, il cui brano rotola in una scheggia rumorista dei romani Lendormin (Hated). Gli stessi, più avanti, si ripresentano con un contraltare altrettanto rumoroso ma condotto su un ritmo meno sostenuto (Loved). Il polistrumentista tedesco Edmund Steinberger (Die Höhe Neunzehn) inscena una impro `collettiva` molto free-oriented e lascia poi il testimone ad una emanazione St.ride (Mongoholi Nasi) dal ghigno più technoide. Suite Means Civetta di Nihil Is Me (Andrea Giotto) è l`unico brano del disco che mi resta un po` indigesto a causa di un suo gigioneggiare conclusivo un po` alla Europe. Pienamente in sintonia con i miei gusti è invece il `sinistro` Alessandro Bocci che, in combutta con Andrea Reali (voce degli I/O), si produce in uno squisito pezzo drum'n'voice (Aphex meet Mike Patton). Segue l`ottimo Sugnu Mutangharu dei Placca, che inserirei in un filone (molto surreale) derivante dalle `traduzioni` ambient e industrial. Nell`impro dei partenopei A Spirale rivivono invece, e si rinnovano, le grandi tradizioni improvvisative chicagoana ed europea (in particolare la inglese e la tedesca). Splendida calata in zona post-industrial-concreto, con ambientazione da thriller ottocentesco-portuale, per gli Harshcore. Ritornano gli St.Ride, in collaborazione con il polacco Dominik Gawara e sotto la loro emanazione Uomi, con due brani più lineari di Penso a Niente seppur attraversati dalla solita astrusa follia residentsiana. A proposito di Residents: Frost Frog, di Renato Ciunfrini, pare proprio una cosa fatta da orchestrali gamelan morsi e infettati dai quattro bulbonazzi di San Francisco! Sentitevi poi un po` Amaranta Speed Up e capirete senza bisogno di ulteriori ascolti perchè la miscela situazionista dei Jealousy Party, che qui dovrebbero essere supportati dalla chitarra di Nicotina, arrivi a riscuotere un così largo successo. Il finale è tutto orientato verso l`impro più radicale con il duo (almeno credo) dei `calandrini` (Francesco e Marco) e il quartetto italo-americano con Marsh, Falascone, Ciunfrini & Giust, con due brani che comunque si differenziano l'uno dall'altro vista la veemenza broetzmanniana del primo e la raffinata vena astratta e surreale del secondo.
Una grande raccolta, dunque, con un unico rimpianto per la quasi totale assenza del contingente femminile.
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