Pletora di uscite per il nostrano Fabio Orsi, di cui più volte ci siamo occupati in queste pagine. E` dunque gioco forza una sintesi da parte nostra, laddove da parte sua l'autore italiano, ora trapiantato anch'esso a Berlino, pare strabordare di creatività e proporre un gran numero di uscite.
Si inizia con una riedizione, ad opera di Cold Current, dei primi mini EP in formato mp3 che l'attenta netlabel sin3pm pubblicò anni orsono, quando ancora il duo Orsi/Becuzzi non era conosciuto. Il disco, compostamente titolato "Soundpostcards" ripropone i 5 + 5 brani dei due dischi digitali nel loro delicato amalgama di field recordings, note di pianoforte, chitarre addolcite da delay e microsuoni. Non è solo la traccia in più West Garden Hotel a fare di questo disco il più gradevole del lotto, sebbene forse meno originale (alcune melodie sono vicine al pop commerciale, ma non per questo fastidiose).
Segue la collaborazione con Valerio Cosi, secondo (se non mi sono perso qualcosa) capitolo dopo l'interessantissimo 3'' CD-R su Palustre. Questo lavoro delude un po' rispetto alla più breve prova precedente, insistendo forse un po' troppo su loop di sax (forse comunque l'elemento più interessante) e tastieroni vintage, tra cui affiorano anche chitarre ed altri suoni sintetici, a formare un magma dal sapore krauto e vagamente psichedelico, che consiglio agli amanti del genere. Il didascalico titolo rende appieno l'idea di come i due si siano lanciati in improvvisazioni lisergiche, certo interessanti ma forse più adatte a contesti live.
Molto invitante, per finire, l'idea di far incontrare l'arte di Orsi con quella dei Mamuthones sardi. O almeno questo era ciò che mi aspettavo. In realtà dietro alla presunta maschera che dovrebbe avere le radici a Mamoiada troviamo invece Alessio Gastaldello (uno dei Jennifer Gentle), e quindi niente canti gutturali nè campanacci. Somma delusione da parte mia, in parte rinfrancata dal fatto che il disco, come il precedente con Cosi, si dipana in buone, lunghe e kraute suites, con la differenza che qui i due se la giocano su suoni più cupi e con una tensione che rende meno "giocoso" il dischetto, se confrontato con il precedente. La batteria ossessiva sommersa dai riverberi delle chitarre (specialmente in The Infinity) è una nota di novità , ma non basta a fare del disco qualcosa di speciale.
Nel complesso, tre dischi buoni ma senza dubbio inferiori ad altre produzioni a firma del nostro, del quale consigliamo lavori più datati ma forse più validi.
|