Autore disco: |
Antonio Testa & Susana Beatriz Alvear |
Etichetta: |
EsperimenTribe (I) |
Link: |
www.giocareconisuoni.it www.myspace.com/antoniotesta |
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2009 |
Titoli: |
1) Rapanui 2) Recuerdos 3) Rajasthan 4)Subterranean Dream 5) Peuls 6) )Dance To Bobo 7) Sealand 8) Maya Prayer 9) Tecnosphere 10) Bamouni Dub 11) Joao 12) Spiritual Water |
Durata: |
67:59 |
Con: |
Antonio Testa, Susana Beatriz Alvear, Roberto Santoro, Tito Rinesi, Alio Die, Davide Mantovani, Francesco Saverio Porciello, Kayum |
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World music globalizzata |
x Alberto Carozzi |
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E` un'operazione sempre ardita quella di importare nei nostri confini la world music, filtrandola attraverso il proprio vissuto e ponendola infine all'attenzione di orecchie spesso attente, più spesso distratte, esigenti solo nelle cosiddette nicchie, e, pur sempre, occidentali, con tutto quello che comporta nel bene e nel male, fra navigata sete di conoscenza e capricci esotici. Le possibilità naturalmente non conoscono limiti, gli ingredienti, le dosi e il gusto ci restituiscono ogni volta un immaginario rinnovato, soprattutto se, come nel caso di Ecosphere, la contaminazione diventa elemento centrale.
Antonio Testa ha speso grosso modo una vita a `giocare con i suoni`, e la produzione di quest'album testimonia la grande dimestichezza raggiunta nel manipolare e combinare ogni tipo di impulso.
Se in altre occasioni Testa ci ha condotti direttamente in esplorazione nel vivo delle sue scoperte, in “Ecosphere” sceglie invece di invitarci nella sua casa e mostrarci un album di ricordi in compagnia dei suoi affetti più cari, a partire dall'incantevole voce di Susana Beatriz Alvear, levigata sulle onde di una musica che scorre in costante fluidità .
Il sound produce senz'altro un effetto più `stanziale` e domestico, sebbene proveniente dagli angoli più nascosti del pianeta. Basti leggere i titoli dei brani per farsi un'idea dell'estrema varietà di spunti che fungono da materia prima, sempre riconoscibili nella sterminata quantità di strumenti acustici suonati dallo stesso Testa, e poi filtrati attraverso costellazioni di synth, riverberi, tappeti di ritmi, droni e trattamenti che ricordano anche se in una forma meno stralunata le imperscrutabili prospettive dei Dead Can Dance.
Gli arrangiamenti sono arricchiti fra l`altro dall'elegante e raffinato contributo di altri illustri ospiti fra cui le chitarre di Francesco Saverio Porciello, le sperimentazioni di Alio Die e le virate sommessamente jazz di Roberto Santoro, Tito Rinesi e Davide Mantovani.
Un disco riuscito nella misura in cui l'ascoltatore sia predisposto ad un'interpretazione per nulla purista ma che sia riflesso della sensibilità di un artista che ha certamente molto da raccontare.
In sostanza mi pare si sia privilegiata la funzione meditativa ed evocativa della musica su quella filologica, anche se a questo ci si arriva attraverso una serie di tappe che ben fotografano i paesaggi sonori di tutte le regioni toccate.
La premura nel costruire un tessuto organico che potesse tenere insieme tutto quanto, oltre a confermare quanto sia dominante la contaminazione di cui si diceva all'inizio, mette in luce ancora una volta la grande attenzione di Antonio Testa verso la potenzialità terapeutica della musica, da sempre al centro della sua attività .
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