Si può ben dire, seppure fra la nascita del più vecchio e quella del più giovane corrano soltanto una decina d`anni, che questi tre musicisti rappresentano tre generazioni di musica afroamericana. Dalla new thing degli anni '60 (Graves), alla musica creativa dei '70 (Braxton), per approdare alle derive che partendo dagli anni '80 si irradiano fino ad oggi (Parker). Ho comprato il disco incuriosito dal connubio proposto, mi era cioè difficile immaginare le geometrie braxtoniane a confronto con lo stile danzante e tutt'altro che geometrico di Graves. Tutte le volte ci casco!... prendo cioè per buono l`immaginario braxtoniano più comune e dimentico che il multistrumentista chicagoano è un musicista estremamente colto e in grado di misurarsi con (quasi) tutti i linguaggi. Lo dimostrano le collaborazioni che ha accumulato negli anni, da Chick Corea ai Wolf Eyes passando per Derek Bailey. Graves è invece un batterista dal linguaggio unico e un battitore libero poco propenso ad assoggettarsi ai dettami altrui. Pare quindi logico che gli sforzi maggiori ricadano sule spalle del sassofonista che, in più di un momento, fa ricordare i tempi dei duetti con Max Roach e riesce ad evocare mostri sacri quali John Coltrane, Steve Lacy e/o Paul Desmond. Il contrabbassista, stretto com'è fra i due soggetti prodigio, da il suo sostegno seppure, per buona parte del disco, una sua assenza non avrebbe spostato di una virgola il risultato finale. Chiaramente non è il caso di attendersi nè rivelazioni nè rivoluzioni, ma della musica improvvisata suonata con tutti i crismi... questo sì. E questo il disco contiene. Unica nota negativa alla Tzadik che per questa collana, chiamata 'Key Series', spreca ben poche energie; nessuna nota di rilievo a vivificare il libretto e approssimazione anche per quanto riguarda gli strumenti utilizzati: Milford Graves, percussion - William Parker, bass - Anthony Braxton, saxophones (quali?). Nulla a proposito di dove e quando i 5 pezzi sono stati registrati, e ancora nulla ci è dato sapere rispetto all'appartenenza delle voci (peronalmente tendo ad attribuirle alla coppia Parker / Graves).
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