Rosy Parlane sbarca su Touch. E meritatamente.
Due album su Sigma e alcune collaborazioni importanti (con Fennesz, Rehberg, Prevost se vi può interessare) come biglietto da visita lo rivelano come autore e performer di rara sensibilità .
Il suo suono si evolve di uscita in uscita, più raffinato di brano in brano, ma sempre e comunque legato ad una visione molto personale dell'elettroacustica sperimentale. Nonostante faccia volentieri uso di frequenze di confine, aspri passaggi grumosi, feedback, sfregamenti metallici, errori analogici o digitali, la sua sperimentazione è sempre calibrata e, soprattutto, funzionale alla creazione di un'atmosfera specifica.
Spesso i brani sono costruiti (leggi: improvvisati) come lente carrellate da minimalismi ovattati a poderose ondate di noise o viceversa, ma con una palese idea melodica di sfondo, come se Parlane volesse usare le tecniche impro per comunicare stati d'animo.
Ecco altri punti di riferimento per cercare di capirci: D. Haines (“Emo”), Terre Thaemlitz (“Still Life W/ Numerical Analysis”), Ekkehard Ehlers (“Plays Hubert Fiche” oppure “Woolf Phrase”).
Le immancabili belle immagini di Wozencroft a loro modo colgono bene alcuni aspetti e sensazioni respirabili durante 'Iris': in primis, la neve ghiacciata delle prime due parti; quindi, il malinconico sguardo alla finestra del piovoso finale.
PS: attenzione ad altre prossime uscite del giro Sigma che potrebbero portare belle sorprese: Minit su Staubgold e Dion Workman/Julien Ottavi su Erstwhile.
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