Il CD formato tre pollici non può essere considerato affatto come il vecchio sette pollici a 45 giri, differenziandosi da esso sia per la durata sia per il motivo che vede l`incisione concentrata su un solo lato. L`ultima particolarità lo differenzia anche dal vinile a dieci pollici e, caso mai, se un paragone può essere fatto è quello con l`ellepì inciso su un solo lato. Se “Bells” di Albert Ayler fosse stato pubblicato oggi, in concreto, avrebbe potuto essere un bel CD a tre pollici. Questa sua caratteristica, del trepollici, ha fatto sì che attecchisse soprattutto nei settori della musica composta di tipo concreto e/o elettroacustico. La durata di circa venti minuti è, infatti, piuttosto consona a quel tipo di composizioni, e capita frequentemente che i musicisti abbiano fra le mani singoli componimenti, creati per progetti specifici, la cui particolarità , estetica e di contenuti, ne rende problematico l`accostamento ad altro materiale.
Il disco di AGF, per esempio, è molto più contorto e meno `furbo` rispetto ai CD che l`hanno resa famosa. Il mood della musicista è ben presente, ma è frammentato in più rivoli, che corrono da situazioni trip-hop a nenie infantili, corredate da suoni concreti come il cinguettare di un uccello. Si tratta di una struttura malata che lascia poco spazio al `calcolo`, a beneficio di un`espressività priva di vincoli. Secondo me si tratta di uno dei suoi lavori più belli.
Un altra piccola chicca, in grado di attirare l`attenzione degli appassionati, è “L`incandescence de l`étoile” di Lionel Marchetti, un amalgama `spaziale` che ci fa conoscere un autore molto meno `concreto` rispetto ad altre occasioni, quasi dominato da un`estetica piuttosto romantica e mitica del sogno spaziale (e del sogno elettronico stesso), un`estetica che fa pensare all`uomo che viaggia alla velocità della luce, alle guerre stellari, a odissee infinite e alle mostruosità aliene, ma bisogna comunque considerare che il brano, pur sottoposto a revisione nel 2002-2003, è stato originariamente composto nel 1991.
Quella della giovane etichetta olandese è una serie così ben congegnata, e particolare nelle confezioni, che potrebbe porsi in concorrenza con l`ormai affermata collana della Metamkine (visto che questa, ultimamente, ha molto rallentato il ritmo delle uscite).
Un altro marchio, ormai quasi storico, che ha riservato fin dagli inizi uno spazio consistente alla produzione su supporti di tre pollici, è il francese A Bruit Secret, le sue confezioni hanno però un aspetto più `sobrio` e non si presentano come `vera e propria` collana. Il `compactino` di Xavier Charles segue le ottime uscite di Annette Krebs, Andrea Neumann e Sachiko M. Si tratta del disco più ostico, e meno `musicale`, fra quelli segnalati in questa recensione, eppure presenta più di un motivo d`interesse, soprattutto per quel che riguarda le fonti sonore utilizzate. Charles, addizionando e sottraendo oggetti, dalla superficie risonante, alle vibrazioni degli altoparlanti, crea un'alternanza di pieni e vuoti che un ascolto frettoloso può valutare come monotona, laddove una ricerca attenta nella loro rivelazione mostra una serie di sfaccettature e una ricchezza `sonica` stupefacenti. L`approccio di Charles agli altoparlanti è stato paragonato a quello di Lionel Marchetti ai microfoni o di Toshimaru Nakamura al mixer. Scusate se è poco.
|