Autore disco: |
AA. VV. |
Etichetta: |
CubicFabric (J) |
Link: |
www.cubicmusic.com/fabric/ |
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2004 |
Titoli: |
1) Radio Baroque 2) Crossing Longitude 3) Noises From A Hill 4) Taperechorder 5) Summa Afrique 6) HBR 64507 mix 7) Perse 8) Perfume 9) Bee Song 10) A Bell Made Of Bones |
Durata: |
54:55 |
Con: |
David Grubbs, Fonica, Hazard, Rechord, Oren Ambarchi, Pita, Minamo, Josh Abrams, Anderegg, Stephan Mathieu |
|
un bicchiere mezzo pieno (o mezzo vuoto che dir si voglia) |
x e. g. (no ©) |
|
Mi sono rimpallato questo CD fra le mani per alcuni mesi, perchè da una parte ero soggiogato dal blasone dei nomi mentre dall`altra, ascolto dopo ascolto, il prodotto di tanta dovizia continuava a non convincermi pienamente. Un ulteriore freno era costituito dal fatto che l`oggetto in grado di attirare l`attenzione remixatoria di così illustri personaggi, “Opera” dei Tape (uscito su Häpna), non mi aveva mai convinto rispetto alla sua presunta bontà . E se non convince lo svasso che naviga a pel d`acqua come può convincere il suo effimero riflesso che poche increspature si portano via? Alla fine ha prevalso l`idea che il disco valeva comunque una recensione. Il giudizio così a lungo ponderato è un po` pilatesco, nel senso che da un lato riconosco la validità di alcuni brani e da un altro sputo un aspra sentenza sull`insignificanza di altri. Al centro ben ci sta un cuscinetto di limbica inutilità . Forse il disco è anche sciupato dall`ottimo inizio di Grubbs, una magnificenza condotta dall`harmonium fedelmente ancorata al bel titolo, che promette troppo rispetto a quanto verrà poi mantenuto. Anche il remix dei Fonica, con il duo accortissimo dietro a un ritmo medio-lento, lascia pensare che il livello globale sarà , come minimo, ottimo. E, invece, già con il terzo brano arriva la prima doccia fredda, perchè un Hazard apprezzato in altre occasioni qui fallisce con un iniezione ritmica incredibilmente banale. Rechord, Minamo e Pita non riescono a risollevare il livello, e neppure ci riesce un Oren Ambarchi assurdamente intrippato in un mood spudoratamente fennesziano. Buono, anche se non ai massimi livelli migliori, il pezzo dei Josh Abrams e decisamente riuscito pare, per buona pace dei più celebri colleghi, l`intervento di Anderegg: una giapponeseria a base di carillon mossi dal vento, con pudico sostegno cameristico, che suona come il miglior Plug miscelato al miglior Nearly God (quelli degli intermezzi). La chiusura spetta in bellezza a Stephan Mathieu, sempre abile nel lasciar scivolare la melodia su se stessa... fluida fino al deliquio. Questa è la sostanza di un CD che, come già detto, non mi sento pilatescamente nè di consigliare nè di sconsigliare. Avrei potuto attendere qualche altro mese, prima di fare la recensione, ma non credo che sarei comunque giunto a capo di niente. Fate vobis.
|