Ho letto da qualche parte che questo sarebbe un disco di fusion new age pesante.
Qualche altro dice che è etno-jazz microsonico.
Forse potremmo accontentarci così, perchè, in effetti, gli ingredienti citati ci sono tutti e si distinguono abbastanza distintamente.
Proverò comunque a darne una lettura diversa.
Quando sulla copertina ho letto Museu Serralves, mi è balzato alla mente quel “Black Immure” di Schaeferiana memoria. Quindi, lo stesso giardino, verso cui il buon Janek fuggiva dopo aver terrorizzato il suo pubblico nella casa, qui lo troviamo trasfigurato, in un luogo altro e alienante.
Nella prima stanza il colore predominante di certo è il verde e la complessità mutevole della musica ci introduce nella complicata geometria vegetale del giardino; nella seconda, ad Hautzinger è affidato il compito di accompagnarci tra le volte e le ombre create dai rami dei grandi alberi.
La terza stanza si apre su qualcosa che assomiglia alle bestie schizofreniche del Noetinger/Erik M su Erstwhile. Sembra quasi di intravedere anche qualche cosa di ORB: evidentemente i tre adesso sono fermi ad assaporare gli effetti di qualche sostanza illecita tra i cespugli.
La quarta rappresenta la calda notte di Porto e la faccenda si fa alquanto inquieta: spettri come ondate di vaporosa umidità ci lasciano fradici e intimoriti fino all'arrivo dell'alba.
L'ultima stanza ha il soffitto perso tra le galassie: l'UFO di Patterson è proprio sopra il giardino e rapisce per sempre i nostri accompagnatori portandoli a spasso dalle parti di Saturno.
Adesso però torniamo a fare gli ascoltatori seri.
Il ritmo del lavoro è moderato ma inarrestabile per tutti i quaranta e più minuti e sembra realmente di essere alle prese con una visita di un giardino; i suoni utilizzati riassumono, tenendoli distinti, le caratteristiche stilistiche dei tre autori: sordi, roteanti o al contrario sognanti per la tromba di Hautzinger; spezzati e/o ovattati e liquidi quelli di Ehlers; più tradizionalmente jazzati quelli della chitarra di Suchy.
Sconsiglio 'Soundchambers' a chi non poteva soffrire certa ambient primi '90 e a chi oggi piace avere nelle orecchie l'ultima moda.
Potrebbe colpire al cuore chi ha amato “Edward Mani Di Forbice”.
Il sottoscritto non sta da nessuna delle due parti e se lo gode ai giardini pubblici.
Ritorno ancora a Franz Hautzinger per elogiarne l'apertura stilistica di questo periodo; c'è chi lo celebra quando rimane ligio al rigore di una classica impro, c'è chi poi si lamenta se si fossilizza su schemi ormai straconosciuti: lui se ne fotte e ci porta a spasso tra Rowe (in uscita il trio con Dörner su Erstwhile), Rechenzentrum (“Director's Cut”), Jazz e Ambient come se niente fosse.
Buon viaggio.
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