Interessantissima, sulla carta, collaborazione austro-australiana. Solo sulla carta? Ebbe', sì. Il dubbio, che si ripropone ad ogni uscita discografica, riguarda sempre di più il problema della produzione eccessiva. A volte assistiamo ad un accanimento esagerato nel denunciare la leggerezza con cui i musicisti alle prime armi, che smaniano di farsi conoscere, licenziano dischi. In realtà costoro sono i più giustificabili. Ingiustificabili, invece, sono i cattivi maestri: musicisti ormai affermati, come Ambarchi e Müller, che nell`arco di un anno sfornano dischi a dosi indigeribili. So bene che si tratta di musiche di nicchia, dove il singolo titolo vende cifre irrisorie, ma cercare di risolvere la questione pubblicando CD a iosa è il classico gatto che si morde la coda. E` preferibile, e so già che molti mi guarderanno in cagnesco per quest`affermazione, pubblicare su disco solo materiale veramente selezionato ed affidare alla diffusione via rete - mp3 o che altro verrà fuori - le registrazioni minori, che in ogni caso fanno circolare il nome del musicista e lo rendono visibile agli organizzatori di festival e concerti.
"Strange Love" non è un brutto lavoro, alcuni momenti sono addirittura di classe superiore, ma il mio dubbio è che, una volta acquistato, finirà per essere ascoltato una volta, forse due, per finire confinato negli scaffali del dimenticatoio, insieme a decine di suoi simili, poichè non contiene nessun elemento, non dico di novità , ma neppure una qualche particolarità in grado di farlo ricordare.
Voglio mettermi un attimo nei panni del musicista e, sinceramente, credo che mi porrei la domanda, prima di fare un disco, su qual è il pubblico a cui intendo indirizzare la mia produzione: quello dei collezionisti che comprano cifre astronomiche di dischi che poi non ascoltano (magari ne faccio parte anch`io) o quello che compra un numero limitato di dischi da consumare fino all`eccesso. La prima ipotesi mi sembra molto frustrante e, sinceramente, mi piacerebbe arrivare ad un pubblico che apprezza la mia musica, ne gode e la ascolta innumerevoli volte. So bene, e l`ho già premesso, che il mio discorso si scontra con la realtà di un mercato, almeno per certe musiche, sempre più ristretto, ma, lo ripeto, pensare di risolvere il problema sfornando dischi a catena è un gatto che si morde la coda.
Veniamo al succo del disco: due brani, di cui il primo è stato registrato in concerto a Melbourne. Cooler, titolo azzeccatissimo per questi drones glaciali, si distingue per una buona strutturazione e, soprattutto nelle fasi più ritmate, riesce anche a lasciare un piacevole ricordo di se. Warmer è invece un montaggio di parti che i tre hanno registrato nelle proprie case, a Sydney, Itingen e Melbourne, e la sua ottica è più meditata, e meditativa, direi quasi dolente. Personalmente preferisco la seconda traccia, che forse potrebbe anche indurmi a riprendere il CD tra le mani ancora una volta, ma rimango dell`opinione che per realizzare un disco come questo, semplicemente 'discreto', lo schieramento in campo presenta uno spreco eccessivo di talenti.
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