Autore disco: |
Michael Jon Fink // Steve Peters // Jim Fox // Daniel Lentz |
Etichetta: |
Cold Blue (USA) |
Link: |
www.coldbluemusic.com |
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2004 |
Titoli: |
1) A Temperament For Angels // 1) Three Short Stories: a) A Fine Powder b) Nothing But Love c) Lavender 2) My Burning Skin To Sleep // 1) The City The Wind Swept Away // 1) Los Tigres De Marte |
Durata: |
28:25 // 15:56 // 22:30 // 15:04 |
Con: |
Robin Lorentz, Erika Duke-Kirkpatrick, Jonathan Marmor, Michael Jon Fink // Marghreta Cordero, Alicia Ultan, Steve Peters // Alex Iles, Jeannie Little, Bob Sanders, David Stetson, Bryan Pezzone, Peter Kent, Robin Lorentz, Maria Newman, Erika Duke-Kirkpatrick // Marty Walker, Brad Ellis, Daniel Lentz, Peter Kent, Robin Lorentz, Maria Newman, Erika Duke-Kirkpatrick |
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una media piuttosto alta |
x etero genio (no ©) |
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Dopo la ripubblicazione in CD dei vecchi 10 pollici, originariamente usciti all`inizio degli anni Ottanta, la Cold Blue dà alle stampe questa miniserie, in formato digipack, che si presenta come un portfolio a più mani, ma con i singoli lavori acquistabili separatamente. I pezzi della minicollana, pur lasciando aperta la libertà di selezione, appaiono comunque indissolubilmente legati da una comune estetica grafica e dalla decisione di una pubblicazione in contemporanea. Un portfolio a tema libero, in ogni caso, poichè l`unico aspetto comune ai quattro mini CD sta in un dissimile utilizzo degli strumenti ad arco. Una cosa da appuntare riguarda l`acquisizione, accanto a tre nomi che sono da sempre nell`entourage dell`etichetta, di un nuovo musicista, quello Steve Peters che abbiamo tanto apprezzato come gestore della ¿What Next? e come autore di alcuni ottimi lavori. Occhio, perchè potrebbe nascerne qualcosa di veramente interessante.
Il disco di Fink, accompagnato da una citazione delle “Elegie duinesi” di Rainer Maria Rilke, è un piccolo capolavoro. I piatti, le tastiere campionate e gli archi vanno a formare un continuum, come uno stormo di onde in librazione, che si affiancano, si sovrappongono, si superano. L`autore, legato all`etichetta fin dai suoi inizi, si conferma come un maestro di sensibilità e buongusto. Nella sua personale interpretazione del minimalismo storico ci sono un calore, una presenza e una forza coinvolgente davvero rari.
Su livelli eccellenti è pure il lavoro di Steve Peters. E` la prima volta che incontro quest`autore, solitamente legato a soluzioni concrete e/o elettroacustiche, in un contesto compositivo, scriviamo così, più tradizionale, e devo dire che se la cava egregiamente. Queste quattro ottime composizioni risalgono al 1977 e, originariamente, furono scritte come musiche di scena per una coreografia, danza / teatro, di Lane Lucas. Si tratta di Tre brevi storie affidate alla viola di Alicia Ultan e di un quarto brano, veramente splendido, in cui le stille di pianoforte, le risonanze in sospensione e la voce eterea, di Marghreta Cordero, contribuiscono a creare una fantastica atmosfera fra il mistico e l`irreale. Quest`ultimo è l`unico brano della singolare raccolta dove non compaiono gli strumenti ad arco.
Anche il brano di Jim Fox, nonostante una struttura meno fantasiosa e coinvolgente, veleggia su ottime acque. Quattro ottoni e quattro strumenti ad arco macchiano, in alternanza o sovrapposizione, la conduzione affidata al pianoforte. L`impressione è quella di una certa staticità , come se l`autore non fosse riuscito a sviluppare in positivo quella che rimane un`ottima idea di base. In ogni modo, soprattutto in alcuni momenti, le soluzioni trovate sono molto interessanti, e il brano si lascia ascoltare con un certo piacere. Sono certo che “The City The Wind Swept Away” non deluderà coloro che avevano apprezzato l`ottimo “Last Things” del 2000, del quale ripropone le intime tonalità blue-notte.
In “Los Tigres De Marte”, come in “The City The Wind Swept Away”, viene utilizzato il classico quartetto d`archi. In contrapposizione ad esso, questa volta, ci sono il clarinetto di Marty Walker e le tastiere elettroniche di Brad Ellis e dello stesso Lentz. Questo è il mini CD che convince di meno, con la sua ossatura eccessivamente schiava della melodia ed enfatiche esplosioni d`ilarità , che fanno pensare a certi autori post-minimalisti. Lentz, fin dagli inizi, si è distinto per una tendenza all`eccessivo, al sovrabbondante, e alla distanza, pure se in un primo momento il suo mood può risultare affascinante, quest`esuberanza finisce per stancare.
La Cold Blue, pur con qualche inevitabile caduta di tono, si conferma quale punta di diamante in un tipo d`estetica che, al momento, sembra essere la più ferrata a rappresentare quel fazzoletto di terra racchiuso fra distese desertiche e montagne rocciose, mese afose e pueblos abbandonati, modernità incalzante e vecchie culture in via d`estinzione...
Viaggiare nei suoi percorsi è una buona panacea per chi non può andare a scuola dagli stregoni.
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