L`avevamo lasciato tra battiti di minimal techno, con il precedente disco per Raster-Noton, e ce lo ritroviamo adesso, strumenti alla mano, con otto bozzetti di musica propriamente elettroacustica. Registrato a Montreal, luogo in cui vive, Mitchell Akiyama si addentra nei meandri della musica `colta` restituita però al `popolo` grazie ad un trattamento sonoro che prevede errori, disturbi ed effetti digitali. Nelle sue escursioni musicali il canadese destruttura melodie e scale di piano sfiorando sia il tocco dada di Marcel Duchamp (....try to conceal) sia il minimalismo di Steve Reich, riservando ad essi un trattamento sonoro che rammenta il Fennesz malinconicamente crepuscolare dei tempi belli (enfin, rien n`est gagné). Innanzitutto c`è da rilevare come Akiyama faccia tutto da solo, suonando il piano, tromba, cello e riscrivendo poi tutto al computer, producendosi con molta classe e cura in numeri che spaziano dal jazz informale da camera (with hope that (for steve rebh)), a splendide sovrapposizioni di piano (a lesser path growing), da stravaganti decostruzioni melodiche (if day wins, night could fail) fino al pop trasversale di fall away fall away. Il risultato finale è di quelli che lasciano davvero molto soddisfatti, complice una durata contenuta che spinge ai ripetuti ascolti; merito soprattutto dell`anima pop che arriva a delinearsi come caratteristica fondamentale di questo disco, risultando, nel complesso, molto più convincente di come sulla carta potrebbe sembrare e come non tutti sarebbero in grado di fare (penso, ad esempio, ad un deludente Manitoba che un anno or sono usciva sconfitto dall`incontro con il pop).
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