I Black Dice sono, di tutto l`indie attuale made in USA, probabilmente il gruppo più mutante visto all`opera negli ultimi anni. Partiti come band ultra-core (roba da canzoni di 20 secondi l`una), hanno via via spostato il loro raggio d`azione verso una musica sempre più sperimentale e personale. Di stanza a New York ma originari di Providence i tre Black Dice incidono da anni con regolarità evitando noiose riproposizioni di formule sonore già sperimentate, riuscendo a risultare sempre diversi ed originali. “Miles of Smiles” e “Creature Comforts”, usciti a pochi mesi l`uno dall`altro, rappresentano il loro debutto per un`etichetta importante quale la Fat Cat (dopo che la stessa era riuscita ad accaparrarsi i servigi della band con la ristampa del precedente “Beaches & Canyon”, facendo così la gioia di molti). Questo disco in particolare rappresentò una svolta di non poco conto rispetto ai suoni propriamente indie-noise dei precedenti lavori pubblicati dalla cult label Troubleman: esso infatti col suo sound etno-ambient aprì le porte al gruppo verso una sperimentazione dai brillanti risultati. Se quel disco dimostrava tutta l`abilità di elaborazione dei Black Dice dietro le macchine e la sala di registrazione, “Creature Comforts” rappresenta d`altro lato un ideale spaccato della loro attività dal vivo e di creazione istantanea. Se “Beaches & Canyon” era un lavoro compatto e coerente “Creature Comforts” è invece più imprevedibile e eterogeneo ma anche, da un punto di vista sostanziale, più corposo.
L`inizio è spiazzante: Cloud Pleaser presenta una chitarra folk affogata in reticoli elettronici; un connubio, questo, che attraverserà l`intero lavoro a cominciare dalla seguente Treetops, in cui la chitarra è sostenuta da piccoli loop elettronici e pattern vocali, proseguendo poi col frammento Live Loop, registrato durante il tour con gli Animal Collective nell`estate del 2001, fino alla conclusiva Night Flight. Con Skeleton, uno dei vertici del disco, si entra nel cuore dell`opera: una lunga suite a base di percussioni (il cui uso massiccio ritroveremo anche in Creature), elettronica free, istanze isolazioniste e una chitarra in delay da far palpitare. Le inesistenti informazioni riguardo la strumentazione della band non rende certamente facile la comprensione del lavoro. L`elettronica presente nel disco non è quella che va più della maggiore, anzi, sembra quasi datata, come se fuoriuscisse direttamente da un videogame di 20 anni fa. Tuttavia ciò appare più una peculiarità che un fattore negativo: al pari degli amici Wolf Eyes (con cui hanno già collaborato varie volte) lavorano probabilmente più con attrezzature analogiche e autocostruite che non con quelle digitali, ma c`è poco da scommetterci su.
L`ep “Miles of Smiles” che ha preceduto di un paio di mesi “Creatures Confort” è composto da due lunghe tracce (in tutto si sfiorano i 30 minuti) e si colloca a metà strada (non solo cronologicamente ma anche musicalmente) tra gli ultimi due dischi. La title-track è un crescendo di elettronica minimale, voci da terzomondo, fiati e ritmi orientaleggianti, percussioni tribali e tensioni avant; Trip Dude Delay è quasi religioso nel suo svolgimento circolare: il pezzo è costituito da un tappeto di elettronica e mantra vocali che viene attraversato nel centro da una tempesta sonora, come se avessero voluto rappresentare in musica il cerchio della creazione e della distruzione; entrambi i pezzi sono tra i migliori mai prodotti dalla band. I Black Dice sono e probabilmente continueranno ad essere un mistero nell`industria discografica; non accettano catalogazioni e spingono ogni uscita in direzioni diverse se non addirittura opposte, senza però snaturasi. Cosa che, converrete, non è di poco conto.
|