Il nuovo disco di Watson, rispetto al precedente "Outside The Circle Of Fire", appare compositivamente molto più articolato. Laddove quello era reportage sonoro allo stato puro, ed esplorazione su tecniche estreme di registrazione, questo evolve verso la paesaggistica sonora. Laddove quello centrava aspetti particolari, in 22 brani di breve durata, questo allarga la propria visione a grandangolo proponendo solo 3 brani, che però sfiorano i 20 minuti ciascuno. L`attenzione alla pulizia e nitidezza dei suoni rimane, Watson è ormai un maestro in questo genere d`incisioni, e resta pure l`intelaiatura costituita solo da registrazioni effettuate in ambienti naturali. Quella che cambia è l`ottica che, in questo disco, sfugge all`indagine del singolo fenomeno per plasmare, attraverso un meticoloso lavoro di montaggio, l`immagine di tre differenti ambiti ecologici. Nel primo brano, aperto dal potente brontolio di 'sua maestà ', viene effigiata la torrida savana del Kenya, dove nell`arco di poche ore si consumano agghiaccianti drammi di vita e di morte. Le registrazioni si sono svolte nel corso di una sola giornata, sufficiente ad inquadrare la frenetica lotta senza tregua fra prede e predatori. Più lento appare lo scorrere della vita nelle 'highland' scozzesi, riprese dai microfoni di Watson nel ciclo di ben quattro mesi, quei mesi, da Settembre a Dicembre, che rappresentano il fondamentale passaggio dall`autunno verso l`inverno. Ancora più lento appare il millenario percorso che il ghiaccio dei ghiacciai norvegesi intraprende dalla sua formazione al conclusivo deflusso in mare. Eppur si muove. Dietro a questa rappresentazione della relatività del tempo, e della vita stessa, si nasconde una magica poesia, che solo l`occhio attento di un grande 'autore' può essere in grado di cogliere, calibrare e riproporre nella sua nuda armonia e nei suoi infiniti dettagli. A suo tempo parlai male di "Outside The Circle Of Fire", cos`altro posso fare se non pentirmi dei miei peccati.
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