Proprio nello scrivere su Gustavo Aguillar avevamo, furtivamente, sorvolato il paesaggio sperimentale californiano. Ora che a materializzarsi è la figura di Ernesto Diaz-Infante, possiamo ulteriormente allargare il cerchio essendo lui un vero e proprio guru di quest'anfratto geografico. Interminabile la lista delle collaborazioni come dei full lenghts a proprio nome. L`uscita in questione lo vede incontrarsi, per la quarta volta nel corso di 4 anni (sia dal vivo sia in studio di registrazione), con il chitarrista di Brooklyn Chris Forsyth. Di quest'ultimo vale la pena ricordare il trio in compagnia di Jamie Fennely e Fritz Welch, PSI, un'eccentrica formazione dalle evidenti spigolature 'made in NYC'. Velature di free form con le vene pulsanti e amore per il rock (in)sano. Dopo diversi ascolti del loro debutto discografico - dato alle stampe sempre dall`Evolving Ear - arrivo alla conclusione di trovarmi dinanzi ad un artigianale tentativo di unire gli elementi più radicali dell`improvvisata con la strafottenza per la perfezione (registrazione, scrittura...) del lo fi; fantasticando incontri tra Derek Bailey, Lª Quan Ninh e Thurston Moore. Le precedenti uscite, ritornando ai due, si presentano appetibili per lo stimolante rapporto con l`aspetto (poli)strumentista, cui Infante tiene in particolar maniera. Peschiamo, ad esempio, l`ultimo in termini cronologici: "March". Gli arnesi del lavoro, che spaziano dalle chitarre acustiche ed elettriche al piano, spandono buone vibrazioni. Tutta la prima parte desta interesse per l`uso che entrambi fanno del pick up, portando ad immaginarie sembianze con l`intera famiglia dei fiati. La voce emessa a tratti di Infante, da crooner oscuro, accende la miccia su di un background fatto di dark/industrial quanto di noise. Ancor prima, nel precedente "Wires And Wooden Boxes", il sipario si apre su movimenti ondivaghi: l`utilizzo di percussioni casuali (metalli, legni, oggetti disparati), i passi sghembi del toy piano, veri e propri duelli `liberatòri` tra chitarre acustiche e calate pindariche all`interno del pianoforte, scoperchiando i vari risvolti che può offrire, stendono un piccolo manifesto `informale` sulla contemporaneità in musica. Oggi. Con "(As Is Started... Before Known)" si sente il bisogno di fare marcia indietro, riacciuffare le origini, il tradizionale abbraccio con la sola sei corde. E quindi si torna, dopo l'ascolto delle 11 tracce, a pensare al vecchio approccio free di Bailey, ma anche alle introspezioni chitarristiche di Manuel Mota, in particolare nel focalizzare le azioni di Forsyth. Infante si muove costantemente sull'acustica calmando le proprie ansie con arpeggi bluesy, esercizi di fingerpicking che potrebbero portarci dalle parti di John Fahey, quando questi suonano estesi e malinconici. Un disco che non annoia, anche se rimane un fratello minore all`interno delle tante uscite, ascoltate quest`anno, in ambito sperimentale.
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