Con tutta sincerità devo ammettere che una serie di fattori sfavorevoli, dovuti sia alla forte calura estiva che all'attuale stato dei miei ascolti, lontano dal mood di “Oberfläechenspannung”, ha reso, con imperdonabile ritardo, il suo meritato apprezzamento. Un'opera che ascoltata con forte senso di concentrazione presenta una piccola, ma importante, svolta 'estetica' negli ambienti di matrice elettro-acustica.
Tutto viene svelato nei cinque entertainment che Sabine Ercklentz e Andrea Neumann architettano, con grazia `femminile`, per una delle ultime produzioni di casa Charhizma.
Il loro interagire si prende del riposo dalle linee astratte e iper-riduzioniste, tanto in uso nella scena sperimentale tedesca. Una deviazione fatta di punti evidenti, come una maggiore presenza di situazioni melodiche e un largo uso dell'elettronica (come punto elaborativo di partenza e non solo come tramite di `rifinitura` finale).
Si parte da Puenktlich, e la materia da subito si manifesta in veste corposa e grezza. La tromba, il rumore metallico che fuoriesce in assoluta libertà , và a spingersi dentro movimenti composti da tumultuosi soffi, provenienti dalle viscere, e una ritmica altamente percussiva. Con l`ingresso di Der Kleine Farmer sembra di scorgere due anime intente a svelare gli opposti contrappunti dei propri umori: la primitiva asperità dei battiti iniziali, il richiamo alla dolcezza (ricavato dal dialogo di un leggiadro suono di carillon ed un canto di tromba ellinghtoniano) posto alla fine. Andando avanti si rincontrano essenze micro-tonali, care al dna delle due musiciste. Prusch, però, differenzia nella tessitura: una struttura eterogenea, lenta e trattenuta, ma con una chiara e decisa esplosione istintiva finale. Rost, tra i momenti migliori, è un magma, quasi per intero, sorto dalla creazione mediante il digitale. Le (quasi) impalpabili oscillazioni elettroniche, crescendo pian piano, vanno a diventare pesanti e rumorose. La Ercklentz, in mezzo a tutto ciò, decide di lanciarsi in un assolo dai tratti somatici simil-davisiani. Nella title track, granulosa e disturbante, ci si riallaccia al discorso iniziale: un massiccio spessore sonoro che ben si integra agli incastri, sia ritmici che armonici, disegnati con fare certosino da queste due grandi artiste.
Una boccata d`aria fresca spazza via la stasi che, ormai da parecchio tempo, ha bloccato il flusso creativo e estroso delle musiche altre.
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