Bislacca ed interessante etichetta la Harha-Askel dal grazioso logo `a impronta di scarpe`, con sede a Turku, Finlandia, e gestita da Ville Forss, già su queste pagine con il nickname di Ville Moskitto, nome con il quale firma gradevoli e neanche troppo lo-fi dischi di improvvisazioni chitarristiche. Non troppo distante appunto da quanto proposto da costui è il materiale prestente su “Ophelia Wanders”, quasi un`ora di chitarra acustica registrata in varie locations dall`americano Andy Futreal, forse non un gran virtuoso dello strumento ma certo un abile strimpellatore di gradevoli e variate melodie. Il modello di riferimento potrebbe essere il solito Fahey, ma anche certo folk `povero` e semplice, termini qui intesi in senso per niente negativo: il disco, con i suoi errori, le sue piccole stonature e sbavature, si fa ascoltare molto volentieri e ripetutamente, realizzandosi come colonna sonora ideale di letture, cene, viaggi e dialoghi. Forse non un capolavoro e neppure un disco da lasciare a bocca aperta, ma di certo a Futreal non mancano nè le capacità tecniche, nè il gusto per la melodia, nè tanto meno il senso della misura: i brani sono in prevalenza brevi (circa due/tre minuti), e talvolta inframezzati o intrecciati a fields recordings e uno sparuto, bellissimo vibrafono. Un`eccezione l`ultima lunga, lenta e sospesa In the Falling Light, dodici minuti di variazioni per niente noiose che chiudono un CD-R che vale molto più del suo - bassissimo - prezzo, nonostante una produzione davvero - per così dire - artigianale.
Stesso formato ma musica radicalmente differente per “Shortest Way to the Moon”, dischetto spartito tra Jan-M. Iversen (elettronica) e Sindre Bjerga (effetti, percussioni e nastri). Qui la bassa fedeltà è un tantino eccessiva: si ha l`impressione di ascoltare un bootleg registrato con microfoni da due lire e senza una virgola di editing. In effetti le due tracce, di 12 e 20 minuti ciascuna, sono state registrate nel 2006 in show dal vivo, che hanno visto i due impegnati in improvvisazioni di stampo concreto-rumorista sullo stile di certe spiazzanti cacofonie di Robert Horton o simili. É un peccato che la qualità del suono sia così scarsa, poichè si ha l`impressione che le tracce (la prima un lungo ohm inframezzato dal rimestare di suoni analogici, la seconda un sommesso accumularsi di suoni di oggetti con una sorta di asciutto drone in sottofondo) crescano bene e contengano suoni e spunti degni di nota, avvicinandosi ad una musica sperimentale forse un po` datata e granitica ma comunque interessante e molto bizzarra.
Forse una stranezza che sfugge ad ogni schema e logica, forse un esperimento senza un fine preciso, certo si tratta di un disco in grado di incuriosire parecchi ascoltatori delle musice più bislacche.
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