“Map” è la prima collaborazione a due tra Toshimaru Nakamura e Jean-Luc Guionnet, due tra i pilastri della musica improvvisata degli ultimi anni, nell`elaborazione e invenzione di un linguaggio che lega tra loro avanguardia, elettroacustica, elettronica e jazz. E` anche vero che, a lungo andare, dischi come questo iniziano ad assomigliarsi sempre più frequentemente gli uni agli altri, così come siamo consapevoli del fatto che qualcosa di veramente nuovo, è difficilissimo da trovare. Così è stato fin dall`inizio dei tempi e noi non possiamo far altro, in attesa che scenda dal cielo la nuova manna, di intrattenerci con la riedizione di qualcosa che ci è piaciuto e che, in determinate forme, continua a piacerci. Il punto è questo: sono suoni che piacciono (almeno a chi scrive) e, soprattutto, quando a farli sono due grandi, il risultato è assicurato. Poter ascoltare ancora una volta Guionnet al sax, così come all`organo (con cui ha prodotto una manciata di lavoro in `solo` memorabili), è una delizia a cui difficilmente rinuncerei; se a ciò aggiungiamo un tappeto di suoni elettronici messi nel piatto da chi, con i grandi Repeat e non solo, ha scritto la storia, beh, allora, ne vengano altri di dischi così; un fiume di suoni discreti ed eccessivi, tra ricerca solistica e scambio culturale, musica concreta ed elettronica, silenzi ed improvvise scariche, minimalismo e massimalismo sonoro.
Se in “Map” Jean-Luc Guionnet si concede momenti di musica suonata, con scampoli di jazz e minimalismo, in “Non Solo”, parte dello split diviso a metà con la trinità Rocchetti/Fhievel/Sigurtà , il musicista francese si prodiga in un `non solo`, appunto, che rappresenta una sorta di negazione del proprio suono e del proprio io. Come dallo stesso Guionnet segnalato nelle note del cd, la lunga traccia nasce da una conversazione/collaborazione con il sassofonista francese Marc Baron, che chiese a Guionnet di comporre una non-musica al fine di aiutarlo e disturbarlo nell`esecuzione dei suoi assoli; dei suoni che non gli avrebbero impedito di suonare in `solo` ma qualcosa che avrebbe dovuto suonare nello stesso tempo. Da qui, un lungo studio sfociato in una composizione, con la dedica appunto a Marc Baron, in cui Guionnet tende all`annullamento del suono stesso, nonchè del proprio modo di concepirlo; un processo da cui però, allo stesso tempo, riesce a ricavare una nuova fonte di produzione e nuovi traguardi da raggiungere; in definitiva, una musica da una non-musica, e viceversa. Il cd dicevamo è diviso a metà con i nostri Claudio Rocchetti, Fhievel, Luca Sigurtà che qui rinverdiscono i fasti del bellissimo “Pocket progressive” uscito tre anni fa per la Creative Sources; questa nuova traccia senza titolo è un lento dipanarsi di segnali sonori, tra musica concreta ed elettronica, che si intrecciano fino a convogliarsi in un cuore centrale, racchiuso da lunghi momenti di silenzio; un crescendo di suoni che dialogano e si amalgamano magicamente tra di loro, fino a lasciarsi nuovamente cadere nell`oblio. Ottimi.
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