Smontate subito quello sguardo arrapato perchè "Appunti per semiacusticherie" non è il nuovo CD dei romani Kar ma una raccolta di materiali già editi; esattamente su "p.02" (Immensa luce blu in questo, -, Mezza luce e Come briciole di pane) e nel 3 pollici su Frame! (Con le dovute eccezioni (la tregua reggerà )). Si tratta comunque di una raccolta mal definibile: non è un `greatest hits`, e non solo perchè i Kar di `hits` non ne hanno mai avuti ma pure perchè la provenienza dei brani è circoscritta a due soli vecchi CD, e non è una semplice ristampa perchè 2 brani su sei di “p.02” restano tagliati fuori. E allora possiamo quasi considerare “Appunti per semiacusticherie” - vista la nuova veste grafica (fantastica e super-raffinata), vista la riorganizzazione della scaletta e tenendo conto che i due titoli originari ebbero una scarsa diffusione anche in quello che è il circuito dei CD-R - come una raccolta di materiale ex novo. Mi fa piacere trovare citate all'interno del disco delle parole che avevo scritto e poi completamente dimenticato, e non solo per una questione di ego.
Sapete com`è, quando si fanno le recensioni vengono sparate supposizioni e giudizi che difficilmente verranno in seguito sottoposti a verifica. Spesso si recensisce in seguito ad ascolti frettolosi e superficiali e/o senza avere una conoscenza reale dell`ambito in cui si situano i materiali di cui stiamo scrivendo, e ancor più spesso lo si fa semplicemente copiando i comunicati stampa. Qualcuno ogni tanto scrive per elogiare quella frase o per contestare quell`altra, ma per la maggior parte dei lettori il tutto è come un flusso di parole che passa, và e termina nel dimenticatoio, e le poche voci dissidenti e attente si perdono nel mare dell`apatia. E il critico prosegue imperterrito per la sua strada dribblando elegantemente ogni barlume autocritico: i dissidenti sono una minoranza insignificante, gli altri stanno zitti e quindi vuol dire che tutto va per il verso giusto. Come un chirurgo cialtrone che ha già preventivato una piccola percentuale di incidenti nel corso della sua attività . Quante volte s`è letto di un Cricco Castelli che avrebbe dovuto cambiare le sorti della musica e quante volte il critico in questione è tornato sull`argomento scrivendo «Scusate, avevo scritto una cazzata!». D`altronde una recensione è letteratura in senso spurio e bastardo, roba anomala che serve più a giustificare il possesso di una copia promozionale piuttosto che ad esternare i propri stati d`animo. S`è detto che i critici musicali sono semplicemente dei musicisti falliti, in realtà penso che siano soprattutto degli `scrittori falliti`.
E allora fa piacere, ed è utile, verificare che quanto scrivevo allora è una volta tanto ancor valido, addirittura più valido perchè ha superato la prova del tempo. Certo non tutto m`era chiaro all`epoca in cui uscì “p.02”, e termini come elettroacustica o elettro-elettronica servivano a mascherare l`incapacità a scrivere di una musica dalle ascendenze molto più profonde, che possono avere radici nell`industrial, sì, ma anche in altri mille rivoli, e che a tratti appare come una proiezione derivata dall`ombra lunga dei Godflesh... Oppure mai m`era passato per la capocchia di dare rilievo ad un elemento ritmico che a momenti appare addirittura preponderante rispetto alle ambientosità olimpiche, in una specie di Z`ev vs Zeus. Ritmi che hanno il sapore del lavoro (anche forzato) e della fatica... di pelle bruciata e scorticata... Come in “Memorial do Convento”: blocchi di pietra trascinati a mano e anime librate in volo...
Ma questi sono particolari insignificanti, e le parole «...a questo punto potrebbe sorgere il dubbio che i KAR siano fuori tempo massimo. In realtà sono fuori dal tempo» servono ancor oggi (e forse più d`allora) ad indicare il motivo per cui l`ascolto di questo disco è extraconsigliato.
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