Buco nero.
Attimo di fissione disastrata e disastrosa.
Uscito nel 1993, “Detriti” (rimpolpato in questa edizione con quattro rabbrividenti tracce dal vivo), è stato di grazia, istante; attimo e travalico.
Nodo, abbandono, perdita e frustrazione, comunque imprescindibile; adesso come allora.
Guazzabuglio furioso e complesso, elastico ed urticante.
Dall`hardcore al free; dal free al fatto carne.
Una stagione vissuta alla massima velocità , con strazio; rabbiosamente.
Brani come proiettili, genialmente vivi ed ingarbugliati, vicini, terrigni, un`artigliar continuo d`unghie spezzate.
Ghigni, smorfie, fierezza nell`esser diversi.
Diciotto zuffe furibonde con la voce ad inveire angolarmente, soffocare, dibattersi, la ritmica metronomica che si perde e ritrova di continuo, le chitarre ad incendiarsi ad intermittenza, fiati; sfiati e marce in salita.
Intarsio sul legno, fatto di scalpello, muscolo e sudore.
Prove, sala fredda, pubblico attonito; fissione primigenia appunto.
Suono che aggredisce il quotidiano analizzando le proprie quattro mura, non cerca di evadere; mira all`uscita principale.
Le rasoiate di Posseduto, il suo senso di caduta.
Il deragliamento senza controllo iniziale di Svanito.
La grande madre hardcore sbeffeggiata.
Meat Puppets da tragedia greca.
Franti in fase convulsiva.
La parte live scruta da vicino la carica angolare di queste note, gli spazi si dilatano, le traiettorie si fanno opprimenti e singolarmente arty, spigoli e lividi emergono dal buio.
Swans, radicalismi emotivamente industrial, nevrosi ubuiane.
Storie, fallimenti, memoria, strade, case, silenzi, dubbi.
Non dimenticare; non dimenticarsi.
Snodo; nulla.
Il Paradiso non esiste.
Qui; ora come prima.
Obbligatorio l`ascolto.
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