L`austera bestia Plastic Violence flette di nuovo i muscoli, dopo la struggente e spettacolare; “Dog Series”.
Quei dodici tre pollici, di bellezza spinosa e convulsa, sono stati un mirabile atto di evoluzione su corpo vivo, Fabrizio Paolillo a spasso con i suoi demoni che, ad un certo punto ritrova la formula duo, grazie alla chitarra/feedback di Marco Ricci.
Dodici emissioni che hanno ridefinito ed allargato le maglie del suono Plastic Violence facendogli compiere una vera e propria rivoluzione dall`interno che, ora come ora; non ha eguali in Italia.
L`algida materia, figlia dell`industrial, quanto del più concettuale glitch minimale (leggi Pan Sonic o Ikeda...), si è nel corso del tempo, tinta di suggestioni che sanno di memoria che riaffiora.
Uno sgranamento di prezioso rosario, recitato a labbra serrate ed occhi chiusi, dove emergevano striature wave, calde e rigogliose e, soprattutto, una minor complessità d`approccio, generando un linguaggio pubblico più accessibile; senza tralasciar peraltro nulla del proprio bagaglio espressivo.
Questo “ A Mouthful of Dust” ora, con Ricci pienamente integrato (quasi una chiave simbolica per Paolillo vien da considerarlo, uomo/strumento ideale per superare costrizioni di forma...) si pone a sigillo e superamento ideale di quell`esperienza; suggerendo e rilanciando l`ipotesi sbocciata esponenzialmente in quella cavalcata lunga un anno.
Squarci orchestrali d`isolazionismo malinconico (Empty Clouds Orchestra), scivolate tenebrose, fra lisergia e battito minimal (la slide su Tripping Beings, futuribile incrocio), coriandoli drones ad ingentilire l`anima di strutture nerborute (la toccante ed onirica Entering The Mirage), il parossismo che si stempera, l`osservazione muta dello spazio circostante che scarica progressivamente il corpo dalla tensione.
La pressione della plastica lascia comunque ancora il segno (The Flight Of The Last Firebirds) ma la valvola di sfogo data dall`angolare prospettiva chitarristica sposta il gioco su un piano più alto.
L`inceppamento multi livello di Totally Tilted... ed ...Again, rivelano pienamente la maestria di Plastic Violence nel rifiutare la stratificazione acustico/digitale pura e semplice, non è un accumulo stordito di materiali casuali quello a cui assistiamo, bensì l`accrescimento di una struttura rigogliosa, che germoglia e si compenetra agendo su più livelli a pressioni diverse.
In questo; idealmente prossimi ad una moderna versione dell`urto Clock Dva degli esordi (un augurio personale il mio...).
“A Mouthful...” è eccelsa opera di studio e pianificazione.
Lo sguardo rivolto al futuro e la volontà ferrea di non dimenticare ciò che si è attraversato.
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