Altro disco Creative Sources altro lavoro elettroacustico? No, nonostante l'etichetta forse stia rischiando leggermente l'appiattimento del catalogo ad una serie di dischi i cui suoni a volte finiscono per essere un po' troppo simili, questo disco fa parte delle eccezioni. Contrabbasso, batteria, oggetti e voce e proprio quest'ultima in un certo qual modo fa la grossa differenza dal resto del la scuderia della label portoghese, ma non solo questo. Il disco è improvvisato in studio e proprio di un disco di natura improvvisativa si tratta, se non siete nuovi ad alcune cose di David Moss o del giro della Mori e di Zorn dei tempi di “Mambo Jumbo”, potremmo dire che questa in un certo senso ne siano la naturale evoluzione. Free-jazz del secondo millennio e quindi scomposto, frammentato e zoppicante come i tempi in cui viviamo. Se l'ottima batteria in punta di piedi di Kris Vanderstraeten mi ricorda la versione più discreta di un recente Cusa (quello dell`ottimo "A watched pot"), il contrabbasso di Jean Demey mediamente quando c`è è piuttosto presente tanto che forse alla luce dei fatti è quello che da al disco in minimo accento jazz anche se la cosa è da prendere con le molle. La voce di Van Schouwburg a tratti leggermente troppo invasiva, ma in realtà è quella che in parte differenzia parecchio “Sureau” dal resto del catalogo Creative Sources dato che comunque fra acuti tremolanti, giochi mezzi baritonali, suoni soffocati e risonanze della bocca intera usata a mo` di cassa armonica segnano in modo profondo le dinamiche vivaci del lavoro. L'“indiscrezione” e l'approccio nevrotico di Van Schouwburg molto spesso viene aggirata in modo attento dagli altri due strumentisti che ivi iniziano a costruire in modo dinamico l'idea del pezzo. Quando vengono lasciati in solitudine Vanderstraeten e Demey mediamente si muovono in modo più rilassato e silenzioso, il fatto è che per quanto criticabile il fatto che la voce sia così presente fa parlare il disco con un accento molto marcato anche molto aggressivo/ossessivo. Per quel che mi riguarda le tracce più brevi del lavoro sono quelle in cui il trio realizza il meglio, vuoi perchè pur giocando su abbozzi molto scomposti si muovono in modo più circospetto oppure per il semplice fatto che le caratteristiche sonore dell`improvvisazione non finiscono per venire a noia.
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