Alef, Bet, Gimel: le lettere capostipiti dell`alfabeto ebraico. Anticamente e spiritualmente, la prima ravvisa la figura di Dio: uno, unico, eterno; la seguente, benedizione e creazione, dualità e pluralità ; la terza, innalzata a raffigurare il senso di compimento, è la vetta: l`approdo finale dell`individuo (della carne, della materia) alle mistiche vie dell`Altissimo...
Lo studio degli antichi caratteri ebraici, la cabala e altre pratiche esoteriche assoggettano dai settanta gli interessi più terreni del vecchio Z`ev: le percussioni, la composizione, i suoni arcigni e post-industriali. La trasformazione e l`analisi dei significati, celati nei primi tre componenti dell`Alef-ebraico, danno corpo al leit-motiv di quest`incontro, realizzato con il rimpallo a distanza dei files; Ambarchi spedisce via sharing, presso la residenza londinese del collega, samples concepiti con chitarra, viola, vibrafono e tubular bells, abbandonandoli all`amalgama e alla completezza delle percussioni di Z`ev.
Nel mescolamento di Alef, non è difficile inalare l`aria dei progetti ambarchiani più freschi per Touch (“In The Pendulum`s Embrace”, il 7`` pollici ”Destinationless Desire”): brulichii metallici che, crescendo, formano uno strambo muro-di-suono, vacillante. Il tutto, scalfito da una congrega di anomali overdubbings, a sentore, attinti dalla percussione di una sei corde sdraiata. Bet: robusta orgia di percussioni e sotterfugi trance. E` specialmente Ze`v a lasciare la presenza dietro tanta abbondanza di metallo percosso, rimbombante, grezzo. Con Gimel si ripiomba nel vuoto: intuizioni dark-ambient costeggiate da scampanellii più variabili e da rintocchi più acuti e ritardati, in perfetto stile-funerale.
A forza di coltivare esperienze con i Sunn O))), Ambarchi è diventato maestro di flussi (drone) doom; per quanto riguarda Z`ev, non ci scostiamo dal classico retaggio industrial che lo scorta (a dovere) da decenni.
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