Devo ammettere che nutrivo non pochi dubbi di fronte a questi due ultimi dischi che vedono coinvolto il nero sciamano d`oriente. Il duo con Masami Akita (aka Merzbow) sulla carta aveva l`aspetto del classico incontro costruito a tavolino fra quelle che probabilmente sono le due più eminenti personalità del noise giapponese. Ma l`incontro è avvenuto sul palco del festival di Victoriaville e, come già sappiamo da tempo, da quelle parti tendono a prendere le cose sul serio. Par di vederli, i due, e fanno perfino tenerezza, così mingherlini, coi capelli che non si ricordano dell`ultimo taglio, avvolti da quella nebbia di rumore assordante da loro stessi creata. Cavalieri nella tempesta. Guerrieri nella giungla ai quali non resta che correre. Non so se il CD raccoglie l`intera performance, ma stando alla sua durata parrebbe di sì. E ce n`è per tutti, per i fan di Merzbow come per quelli di Haino. Il primo brano, se non fosse per i vocalizzi eterei di Haino che creano uno straniante contrasto, è nel tipico stile tellurico del primo. Nel secondo i terremoti di Merzbow si attenuano per lasciare il primo piano ai vocalizzi ed a quelle che, nelle note, vengono definite come `cordes anciennes`. Il terzo brano è una bolgia di veleni elettronici accompagnati dalla batteria (Haino?). Così dev`essere, perchè quello del segmento successivo è indubbiamente il suo synth ad aria che crea volute spaziali mentre par di sentire dei tratti percussivi chiaramente tracciati da Merzbow. Ed è con un Merzbow eccezionalmente impegnato alla batteria che inizia il rush finale, roba d`altri tempi in cui la chitarra disegna arroventate sequenze che a tratti ricordano Hendrix e a tratti Neil Young. Gli orfani dei Fushitsusha possono finalmente vivere la sensazione di ricongiungimento con la propria famiglia. Niente di nuovo e niente di eccezionale, ma una buona prova da quello che è un incontro probabilmente destinato a non ripetersi.
Discorso diverso per quanto riguarda la collaborazione con Tatsuya Yoshida che, con “Uhrfasudhasdd”, raggiunge nientemeno che il considerevole traguardo `4`. Il disco esce addirittura gemellato con quel “Hauenfiomiume” (pubblicato dalla giapponese Magaibutsu) che abbiamo già recensito qualche mese addietro. E qui i dubbi erano ancor più giustificati rispetto al disco precedente, uno perchè il duo non mi ha mai convinto pienamente e due perchè un parto gemellare sembrava essere veramente esagerato. E invece... questo ha finito con l`essere il disco che ho ascoltato di più durante gli ultimi mesi. Il fatto è che questa volta il duo vola molto più in alto rispetto alle prove precedenti. Il riferimento principale rimane il progressive, al quale si può rimandare sia per i frequenti cambi d`atmosfera, sia per la strumentazione utilizzata (comprensiva di tastiere e flauto), sia per la tendenza a miscelare i generi più disparati e sia per l`approccio estremamente tecnico. Ma i due non si producono nella solita, autistica, prova di forza. Viceversa il loro dialogare è ricco di spunti ritmici e melodici in grado di rimanere impressi nella memoria. Riff e ritornelli travolgenti si alternano con momenti più poetici, in un carosello di visioni e sensazioni assolutamente uniche e/o di numerose citazioni che par di captare. E il turbinio dei suoni e delle voci è in grado di evocare Jello Biafra come Robert Fripp, il doom metal come il grindcore, il nu-folk come il jazz, Jimi Hendrix come i Naked City... magistrale.
Con questi tipi è bene tenere la penna sempre in allerta perchè il calcio in culo o lo scaracchio nel muso possono arrivare in ogni momento.
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