La serata è chiamata 'Kongotronics', a suggerire un miscuglio tra elettronica e musica tradizionale congolese, ma certo il primo gruppo che si presenta sul palco non sembra avere molto a che vedere con la laptop generation. Nessuno degli splendidi omoni neri che siedono scalzi sul palco ha il petto nascosto dietro una mela illuminata, ma sono invece bongos ed altri strumenti percussivi ad essere suonati con grazia e furia dai Bolia We Ndenge, ensemble numeroso e affiatatissimo. Con loro anche una sorta di stregone-cantante, un gruppo di seducenti ballerine (alcune decisamente sovrappeso, ma una di una bellezza imbarazzante) ed un altro tizio che, in funzione di attore/declamatore, semina il panico sul palco travestito da generale militare. La loro è infatti una performance fisica, tribale (come c'era da aspettarsi), ma anche in parte recitativa, con una sua storia e narrazione, il cui significato è in parte sfuggente ed in parte molto chiaro: la musica come forma di protesta e liberazione dall'oppressione dei governi militari comandati dall'occidente. Questa separazione o contrasto tra 'noi e loro' è enfatizzata dalla situazione in cui ci troviamo: la Haus Der Kultur Der Welt non è che un grosso teatro, luogo poco adatto ad una performance che dovrebbe svolgersi tra la gente, mentre invece noi spettatori siamo qui sui seggiolini imbottiti e loro laggiù a dimenarsi. A causa di questo non riesco a godermi appieno la loro esibizione, nè la loro musica (bella ma forse troppo monotona per i nostri gusti), continuando a sentirmi troppo lontano.
Diversamente vanno le cose con i Kasai All Stars, dalla formazione che si arrichisce anche di chitarre ed altri strumenti tra cui il lokole ("a deep-sounding trapezoidal slit drum hung across the shoulder and played while standing up") e i thumb-piano, ossia scatolette simili a kalimba che emettono suoni di altezze svariate. Uno dei musicisti suona perfino una sorta di slitta sopra la quale se ne sta seduto, strimpellando delle corde ai lati (dove in genere ci sono i freni delle slette)... purtroppo non sono un esperto di strumenti esotici, quindi la mia descrizione non può che fermarsi qui; vorrei solo fare un accenno ad un tamburo elettrificato che uno dei Kasai suonava con furia, producendo effetivamente un suono starnazzante splendido, simile a quelli prodotti da alcuni synth.
L'insieme è spettacolare. La musica, sempre da trance, è meno monotona della precente e se possibile ancora più coinvolgente, tanto che qualcuno inizia finalmente ad alzarsi dai seggiolini ed a ballare. C'è da dire che più della metà del pubblico è costiutita da persone non più giovani dei miei genitori, le quali sono qui più perchè l'evento si svolge nella Haus der Kurtur che per i congolesi in sé, tanto è vero che i pochi che osano ballare vengono fatti prontamente sedere da attempati spettatori.
Quando arrivano i Konono però anche questi irriducibili del seggiolino si devono arrendere: in un buffo francese uno di loro grida a inizio concerto "s'il vous plait, il faut dancer dancer!", e dopo pochi secondi attacca un ritmo che farebbe ballare anche un paraplegico: in un attimo almeno 30 persone sono sotto il palco a muovere il culo, me compreso, nonostante un fottuto mal di schiena che mi coglie dopo un minuto e mezzo di danze. Di tutt'altra pasta sono fatti i congolesi, che tirano avanti per più di quaranta minuti di concerto non più di cinque pressochè identici brani, forse più occidentalizzati nello stile rispetto a quanto mi aspettassi, credo anche in virtù della presenza di un batterista con rullante e ride. A suonare i thumb piano sono anche due vecchietti che fanno al tempo stesso tenerezza e paura, per l'energia e la serietà che hanno.
Un concerto indimenticabile, anche e soprattutto per come costoro sono riusciti a coinvolgere il pubblico a furia di canti (tutti i musicisti sul palco a turno hanno cantato e ballato!) e ritmiche trance, tanto che ad un certo punto mi sono trovato accanto un tizio di sessant'anni con la faccia da entomologo che dimenava i fianchi come una baiadera africana. Fantastici. Se vi capita, andateli a vedere, altrimenti seguite il sito della Crammed, che pian piano ne sta stampando i dischi.
[nota: questa recensione è un estratto da un più lungo report che tratta ben diversi argomenti, disponibile qui: greysparkle.com]
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