In una recente conversazione con Adriano `Punck` Zanni si parlava della sana abitudine di registrare e collezionare field recordings. L`attività prevede purtroppo anche una fase non indifferente di catalogazione senza la quale spesso piccoli capolavori catturati in impervie condizioni ed a microfono in mano andrebbero perduti. E` stato a quel punto che l`artista ravennate ha confessato di avere un gran casino di anonimi files in un una cartella nominata troppo idealisticamente `mare`. Fortunatamente la mancata propensione tassonomica di Adriano non ha degenerato al punto tale da fargli smarrire la lunga (dieci minuti) registrazione che magistralmente chiude il disco e con esso l`unica lunghissima traccia che lo compone. Si può discutere del fatto che si tratti di ghost track o parte integrante del disco, fatto sta che resta una delle sorprese (già , ve l`ho detta, come quelli che uscendo dal cinema parlando del film ne svelano il finale mentre voi entrate: odiatemi) migliori di questo disco già bellissimo. Non infierirò e lascerò un velo di mistero sugli ultimissimi minuti del pezzo, che meritano attenzione, e ritornerò alla sua parte principale, ossia i primi trenta minuti.
Non troppo distante dal precedente lavoro su Creative Sources a livello di suoni che lo costituiscono (suddetti field recordings, ma soprattutto microsuoni e droni sommessi e lievi, di scuola Stephan Mathieu e L_ine, assemblati in uno stile che si avvicina a quello di Janek Schaefer), questo “Piallassa” allarga gli spazi e, laddove “A Constant Migration” sembrava rivolgersi più verso luoghi interiori, qui si sta all`aperto e si vaga per la piatta palude che occupa buona parte del territorio di Ravenna (detta appunto Piallassa). Non per caso il disco ha poi un preciso sottotitolo ed una breve nota interna che spiegano come il lavoro sia ispirato molto direttamente al film “Deserto Rosso” di Antonioni, del 1964, anno di nascita, guarda caso, dello stesso Zanni, il quale 43 anni dopo - microfono e cuore alla mano - ha ripercorso i luoghi (e parte dei suoni, e dei dialoghi) del film. Disco appunto bellissimo, dove ai rumori concreti (sempre `gentili` e mai invasivi) si mischiano anche le chitarre acustiche del cantautore Aldo Becca (anch`egli di quelle lande desolate), in quello che è senza dubbio il momento migliore e più lirico del disco, in una apertura melodica soave a cui Punck non ci aveva abituati.
Unica bizzarra inutile sbavatura sono un paio di voci in reverse miste a frequenze da woofer test poste in mezzo al silenzio che separa la parte `composta` dal mare che chiude il tutto, ma lo si perdona anche in virtù del fatto che pure le grafiche (non a caso siamo sull`ottima Boring Machines) e le foto (dello stesso Zanni) sono come sempre splendide.
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