1) Octopus 2) Seven Houses 3) Borrowed Arms 4) Chapter 5) Crisis 6) Plane Song 7) Drizzle 8) Hold My Own 9) Red-Rag & Pink-Flag 10) Newbury Street 11) One day In May 12) Whistle Past The Graveyard 13) The Great Escape
Durata:
51:57
Con:
Carla Kihlstedt, Marika Hughes, Shahzad Ismaily, Jim Campilongo, Joel Hamilton, Indigo Street (?), Mark Orton, Jessica Troy, Marc Goodman, Tony Maimone, Ben Goldberg, Myles Boisen, Rob Burger, Matthias Bossi, Colin Stetson
Ben fece il Rastelli quando, tracciando il profilo dell'anno 2003, mise al primo posto delle sue preferenze "2 Foot Yard" di Carla Kihlstedt. Oggi quel disco è diventato un progetto che, oltre alla violinista, comprende Marika Hughes (violoncello, già con le Charming Hostess) e Shahzad Ismaily (batteria)... ciò detto in modo approssimativo, chè tutti e tre sono in realtà multistrumentiste/i e cantano. Alla realizzazione di questo esordio concorrono poi numerosi ospiti fra i quali il vecchio Tony Maimone che ricorderete con i primi grandi ed 'unici' Pere Ubu. La musica è una miscela di musica pop, jazz e folk, soprattutto con riferimento all'Europa del centro-sud-est (kletzmer ed affini), e viste le frequentazioni solite dei tre musicisti questo appare più che naturale. Imprevisto è invece un evidente björkismo, soprattutto per quanto riguarda la rielaborazione della canzone jazz, che comunque appare manifesto (seppure in modo non spudorato) solo in Plane Song e Hold My Own. I modelli variano dalla melodia struggente di Borrowed Arms e Newbury Street ai toni più rabbiosi di Seven Houses e Crisis (l`ultima suona come una canzone di Marvin Gaye inacidita e punkizzata a regola d`arte). Ma è difficile fare una distinzione netta, dal momento che quasi sempre sono presenti repentini e imprevisti cambi di ritmo e d'atmosfera. Spettacolare è Whistle Past The Graveyard: ad un visionario attacco semi-strumentale fanno seguito una nenia strascicata ed un ritornello vaporoso, che sembrano cozzare l`una con l`altro, fino all`esplosione in una marcia divinatoria ed all`implosione finale nello scompaginamento dello stesso ritornello. E c'è posto pure per strutture free-form (Drizzle), afro (l'inizio di Chapter) e/o ripetitive (la stessa Chapter e Hold My Own, dove la seconda potrebbe ben essere una Baba O'Riley per gli anni 2000). Potrei citare ancora pruriti da vecchio jazz in Red-Rag & Pink-Flag e un intenso corale, con il finale che cresce all'unisono, come One day In May. La delicata chiusura (The Great Escape) fa da suggello ad un'opera perfettamente riuscita. La coesione dei tre strumentisti (che fa dei 2 Foot Yard un gruppo effettivo e non la band di Carla Kihlstedt), unita alla validità delle canzoni ed alla bravura dei singoli elementi, è sicuramente un`altro aspetto fondamentale alla base di quest`ottimo CD.