Poche note di chitarra distese su un delay, malinconiche come un film di Bergman: questo l`inizio dell`ultima collaborazione tra i nostri Fabio Orsi e Gianluca Becuzzi, già intervistati tempo fa su queste pagine, che alla terza prova assieme non deludono ma anzi riconfermano le più che positive impressioni raccolte dai due precedenti lavori su Small Voices e Digitalis Industries. Approdano ora a Last Visible Dog, mentre musicalmente si avvicinano sempre più alle sonorità che hanno resa famosa Kranky. L`inizio chitarristico ricorda moltissimo i Labradford da lacrime di “E Luxo So”, dove però i nostri compatrioti rispetto agli americani non integrano ritmiche di alcun tipo, ma preferiscono muoversi di continuo tra suoni melodici e droni di matrice più elettronica, ritornando foschi dopo soli sei minuti.
Il disco è bellissimo nel suo alternarsi di momenti lirici e soffusi, tra appunto le chitarre, l`elettronica ed i field recordings: direi che siamo ai livelli del loro CD di esordio, sinora il mio preferito. L`unico difetto è forse la ricorsività della formula, a questo punto assodata e validata, ma che potrebbe portare a nuovi sviluppi se i due vorranno osare di più nei prossimi lavori. Una svolta in direzione del pop, dei beats, delle voci, dei suoni acustici o di qualunque altro elemento non abbiano finora tentato di integrare in questo progetto a due (in solitaria le loro esperienze sono diverse) potrebbe essere la svolta per una sorta di successo fuori dalla nicchia. Pare invece che, coraggiosi, si abbandonino perfino al noise bruto (nella parte centrale di Last Flower) prima di regalarci un finale per pianoforte e drone melodico sognante e positivo. Come non stimarli?
|