Non so quante uscite della Creative Sources siano state recensite qui in Italia, sicuramente è stato dato un minimo di spazio ai Pocket Progressive (Sigurtà /Fhievel/Rocchetti) e a Punck (un minimo certo, attenzione a non sbagliarci mai esagerando, che non sia mai...). Ad ogni modo l`etichetta credo sia tranquillamente arrivata al numero cento e se ancora non è centenaria è questione di pochi numeri. Se non avete confidenza con i suoi materiali, in genere la Creative Sources è un po` l`ECM dell`elettroacustica e anche se molte sue uscite abbiano un suono che forse alla lunga tende un po` troppo a ripetersi, ci sono le solite eccezioni e soprattutto come al solito nel mucchio ci sono alcuni lavori che si elevano dalla media (proprio di recente mi è capitato di sentire quelli del duo Forsyth/Wooley e di Giallorenzo/Mejer che mi sono piaciuti parecchio). Questo quartetto non si discosta troppo dalla media della label portoghese, che comunque va detto, in questo campo è una 'nana gigante', ciò comunque significa che il disco vive fra rumorismi da conservatorio, voci degli strumenti suonati in modo non convenzionale, musica 'non suonata' e note toccate in punta di piedi. I due strumenti ad arco, chitarra e sax si altalenano in modo molto soft e trattenendosi quel tanto che basta per non cedere mai alla tentazione del 'solo'. Anche nel contenersi e nel 'rumoreggiare' i quattro fanno molto gioco di squadra, ogni rumore viene portato a fondo con molta calma, infatti l`effetto globale è parecchio sonnolento, nonostante ciò mi pare che ne guadagni in profondità del suono. Ovviamente le dinamiche hanno qualche crescendo, ma mediamente il suono dei quattro è sempre molto sommesso quando non deraglia sporadicamente in parti 'quasi suonate', ma tranquilli nella migliore tradizione non si tratta quasi mai di musica suonata come la si intende solitamente. Il disco è molto piacevole, lo inserirei anche fra quelli ben riusciti del catalogo Creative Sources, nonostante ciò va detto che non si discosta troppo dal suono medio che è lecito aspettarsi, mi lascia il solito dubbio che ho di fronte a dischi così acriticamente elettroacustici: è più 'moderno' rischiare di suonare o non farlo come quasi tutti gli altri gruppi in questo ambito? E` più coraggioso lasciarsi andare ad una qualunque linea melodica (qualunque cosa ciò possa significare) o il 'non suonato' che stile classico 'tappeto' che finisce per fare assomigliare tutto? E` più interessante rischiare di differenziarsi persino ammorbidendosi (che in questo caso andrebbe in totale controtendenza) o lasciare tutto frammentato e/o silente ma sempre ben contestualizzato nella nicchia di provenienza?. Il problema è sempre il solito: Merzbow era rivoluzionario negli anni 80/90 oggi è nella norma, allo stesso tempo questo è un buon disco di elettroacustica (e attenti diffidare dei dischi e delle impro fatte in sette secondi e mezzo), però non finisce per suonare uguale a settecento altri dischi del genere? Sia chiaro che ho scritto quello che ho scritto e non leggeteci che: 'tutto è già stato detto, tutto è già stato fatto, etc..etc...etc...' stile 'certo che come facevano musica negli anni 60'... vade retro!! Ho sempre odiato questo modo di pensare.
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