Recensione uno: il solo ascolto.
Si parla spesso di limiti di un genere, dalla `laptop music` al rock, dove sempre di più s`inseguono combinazioni di stili e contaminazioni di elementi mirate a cavare qualcosa di nuovo da una Musica che qualcuno già vede al capolinea della creatività . Si tende dunque a premiare il nuovo e l`originale, con il perenne dubbio che comunque anche la trovata più bislacca sia già stata pensata, suonata e registrata, anche se forse non venduta.
C`è invece chi si limita a restare nel proprio piccolo genere, cercando di farlo al meglio, magari semplicemente con qualche trovata forse non geniale, ma certo azzeccata. E` il caso dei polistrumentisti Alexander Cracker e Thierry van Osselt, che arrivano al secondo dei due `capitoli` del proprio progetto dal nome curioso. La formula è chitarra e voce (più spesso acustica ma anche elettrica), in alcuni casi con il compendio di una scarna sessione ritmica, in altri perfino con delle tastiere ed altri strumenti sullo sfondo. Nulla di meno nuovo. Però questo “Two” è un disco bellissimo. La voce è in grado di cambiare tono e stile da un brano all`altro evitando la monotonia e le chitarre azzeccano melodie mai noiose, di facile presa ma non scontate, sempre emozionanti.
Emergono di continuo echi d`altri artisti cui si paga debito, ma mai si ha l`impressione che Cracker e compagni (presenti altri tre session men) abbiano scarsa fantasia. Si passa così da dal rimando a Will Oldam dell`apertura al Beck (periodo Sea Change) di The Colour Of Summer , fino agli Smog (The Last Stand), oppure ai Sophia (quelli ispiratissimi dei primi due dischi) di The Hard Times, per finire con (e qui sento che qualcuno comincia ad innervosirsi) il `solito` Nick Drake di An Act Of Faith (che potrebbe essere uscita da Pink Moon).
Oltre a tutto questo, ci sono il blues quasi greve di The Long Way Home o il rock & roll di A Hole In The Sky (forse la traccia meno riuscita del disco, ma ci sta, con il suo cantato strascicato ed il mezzo assolo elettrico) e i due capolavori del lotto: la lunga The Aftermath of the Disaster, una cavalcata quasi new wave, strumentale fino all`esplosione finale del cantato trattenuto e trascinante, vicina ai Motorpsycho di Timoty`s Monster, ed il walzer acustico strappalacrime di The Dreaded Loss, una di quelle canzoni che potrebbero diventare patrimonio dei ricordi di tutti.
Recensione due: dentro le pagine.
“Two” ha anche un sottotitolo, ossia “The Biographer” (dove il primo dei capitoli del libro che Cracker ci sta scrivendo era “Prologue”, datato 2005); i titoli dei brani infatti sono compositi: da un lato una frase (come quelle cui facciamo riferimento nella recensione sopra), dall`altro un nome ed un cognome, con tanto di date di nascita e morte. Quando ho ascoltato il disco per le prime volte ero in una città lontana e lo fruivo solo tramite un misero lettore mp3, avendo lasciato a casa la confezione, che avevo notato essere bella ma non avevo avuto tempo di osservare con attenzione. Quindi ho potuto innamorarmi della musica prima di sapere cosa ci fosse dietro, ossia una complessa costruzione di scritti biografici (brevissimi come peraltro le esistenze di ognuno di noi) che accompagnano le canzoni, brano per brano. Il testo di ogni canzone sarebbe frutto della creatività del personaggio di cui si legge la recensione.
Ho così scoperto dopo una settimana che ognuno di questi testi sarebbe stato scritto da persona diversa, in un periodo differente, e da Cracker qui ripreso, musicato e cantato (questo spiegerebbe lo stile molto variabile con il quale la voce si muove da un pezzo all`altro).
Tutta finzione anche questa, ossia una creazione dell`autore, che in buona sostanza s`è inventato tutto (ma con un`eccezione, ossia Baron B.M. Cracker, la canzone d`apertura che riguarda il padre) e che in questo modo va a costruire un prodotto che è un piccolo libro, un racconto, una serie di storie, un modesto esperimento artistico, nonchè un bellissimo disco.
Se ancora avete un`anima, compratelo.
PS: esiste un`edizione limitata con medesima confezione ma doppio CD, dove il secondo dischetto contiene cinque canzoni acustiche, di cui solo una già presente in versione `elettrica` sull`altro CD. Anche solo per sentire altre versioni della voce di Craker, in questo caso declinata sui toni di Nirvana e Coldplay, vale la pena di dargli un`ascolto. Un vero trasformista vocale.
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