Autore disco: |
Herbert De Jonge Quartet // Bo's Art Trio // Maurice Horsthuis |
Etichetta: |
EWM (NL) // icdisc.nel (NL) // DATArecords (NL) |
Link: |
www.herbertdejonge.nl www.icompany.nl www.datarecords.nl |
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2007 // 2008 // 2008 |
Titoli: |
1) balacardie 2) wit en blauw 3) miriam 4) happy 5) voor wie dit geldt 6) madre dd 7) witch way 8) vogeloog9) blue moment 10) gods hoorwegen // 1) onechte kindertjes 2) 4 sake 3) zachte regen 4) somberman 5) smrtlp 6) breuk 7) bang voor de bullebak 8) ringbraam9) final statement // 1) op kauwgom 2) apostata 3) boxring 4) teleur 5) la philo 6) loopjongen 7) lull 8) tango morel9) rit 10) afrikras 11) poultry 12) rails |
Durata: |
54:23 // 47:56 // 57:25 |
Con: |
Herbert De Jonge, Esmée Olthuis, Arjen Gorter, Charles Huffstadt // Bo van de Graaf, Michiel Braam, Fred van Ouijnhoven, Simon Vinkenoog // Vera van Bie, Jeffrey Bruinsma, Peter Brunt, Jasper le Clercq, Benjamin von Gutzeit, Maurice Horsthuis, Saartje van Camp, Nina Hitz, Annie Tangberg, Brice Soniano, Wiek Hijmans |
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novità dal jazz olandese |
x Alfredo Rastelli |
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Ne è passato di acqua da quando l`Olanda era una delle nazioni catalizzatrici di un certo tipo di free europeo; ci sono adesso una serie di realtà interessanti (l`etichetta Evil Rabbit, ad esempio) dedite all`improvvisazione come alla composizione jazz, ma lontane di fatto dalla radicalità di quegli anni. Da quel glorioso periodo proviene però il contrabbassista Arjen Gorter, membro tanto del Kollektief di William Breuker, quanto collaboratore di altre grandissime formazioni come l`Instant Composero Pool e l`ICP, e cheritroviamo adesso, come ponte tra il passato e il presente, nel Quartet del pianista Herbert De Jonge, una formazione dedita ad un jazz se vogliamo classico (balacardie, blue moment), notturno e sofisticato (wit en blauw), ricco di sfumature che lo rendono piacevolissimo all`ascolto (i silenzi di miriam, il crescendo di happy, le evoluzioni free di madre dd), in cui l`improvvisazione è rinchiusa o meglio, è soggetta, alle regole della composizione. C`è infatti una grande attenzione, in questo “Real People”, verso lo studio e lo sviluppo della composizione, in cui pur lasciando spazio alla libera espressività dell`esecuzione, non si perde mai di vista il tema centrale (esemplare il caso di voor wie dit geldt, con un piano che segue il tema e il sassofono di Esmée Olthuis che ci improvvisa sopra).
Sempre dall`Olanda arriva il Bo's Art Trio, guidato dal sassofonista Bo van de Graaf con Michiel Braam al piano, Fred van Ouijnhoven alla batteria e la partecipazione del poeta Simon Vinkenoog alla beat poetry. Pur rimanendo su territori prevalentemente di jazz classico, vedi l`iniziale onechte kindertjes e somberman, vengono inserite una serie di variabili: da un lato, una marcata componente tradizionale (le ballad smrtlp e zachte regen, fino al climax con la splendida rilettura di bang voor de bullebak di Han Bennink), dall`altro, efficacissimi sprazzi di beat poetry (le declamazioni del poema “A Sane Revolution” di Simon Vinkenoog in breuk), senza trascurare momenti di libera improvvisazione (la ritmica di 4 sake con il sax che ricorda Ayler, il solo di final statement).
Concludiamo con il progetto più ambizioso ed interessante, Jargon, della compositrice olandese Maurice Horsthius (già con ICP e Company tra gli altri) che allestisce un`orchestra di archi, quattro violini, due viole (tra cui la stessa Horsthius) e tre violoncelli, oltre a contrabbasso e chitarra elettrica, con cui hanno inteso fondere un`impostazione free derivante dall`improvvisazione radicale alla natura compositiva nonchè ad un`impalcatura propria della musica classica. I buoni risultati si vedono già dalla dirompente apertura di op kauwgom, a cui fa seguito il crescendo thrilling di apostata. Non credo di andare fuori strada attribuendo una certa resa rock a questi brani che si sviluppano energici e ricchi di carica elettrica (il già citato pezzo d`apertura, boxring, la chitarristica lull, quasi blues, e la distorta afrikras). In “Elastic Jargon” la musica classica si apre ad elementi esterni, tanto al blues e al jazz (rit), quanto a temi melodici oserei dire pop, riportando alle mente le sperimentazione attuate da Shostakovich nelle “jazz suite” (con le dovute proporzioni). Veramente ben fatto.
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