Era parecchio tempo che un CD nuovo nuovo, appena estratto dal cellophane ed infilato nello stereo dell`auto, non mi trasportava immediatamente in nuovi lidi mentali lasciandomi con bocca semiaperta e testa dondolante. Questo l`effetto dell`apertura di Heir of the Serpents, cavalcata krautissima, pieni anni `70, tra spaziali droni di synth vintage ed una chitarra acustica che quando fa il suo ingresso, non prima del terzo minuto, si porta dietro tutta la mia attenzione. In più, chitarroni psichedelici corredano il tutto con piena coerenza revival. E` la traccia più bella dello split, ma non è niente male neppure il seguito, con l`immobile e cadenzata Seeker of Sonic Auras, con crescendo più statico e assolini di tastiera conditi dai tipici “swiiiiiisshhhhh” del tempo che fu.
Con I fiori devono morire l`atmosfera si incupisce, pare quasi dark ambient, quando poi a metà brano una ritmica elettronico/tribale ci sveglia dal torpore. Ancora più pesantezza nella conclusiva L`ultimo giardino dietro la chiesa, dove affiorano anche suoni distorti e una cassa di stampo EBM trascinante e cattiva come il Diavolo, una roba che non sentivo dai tempi delle frequentazioni disco-dark dove Frontline Assembly et similia (direi che qui viene in mente proprio il loro bel side project strumentale Delerium) la facevano da padrone. Al di là di quest`ultima influenza però tutto il disco resta agganciato al kraut rock anni `70, senza vergogna, senza dubbi, senza paura. Sebbene io non ami il revival, quando è così dichiarato e diretto (nella presentazione si fanno i nomi di Klaus Schulze e Cluster, certo non a caso, e ci si potrebbero mettere anche Tangerine Dream e compari...) riesco più facilmente ad apprezzarlo. Ode quindi ai due autori di questo omogeneo split, il californiano Justin Wright (Expo `70) e l`italiano Marco Giotto (Be Invisible Now), nonchè all`etichetta Boring Machines, poco prolifica (ed è un bene di questi tempi) ma estremamente attenta a piccoli gioielli come questo.
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