Barriti primordiali ed oasi contemplative in area metropolitana densamente popolata.
Centrato percentualmente 5 su 10 come definizione.
Noise ascensionale in costante equilibrio fra alto e basso.
Passeggiata incerta sui bordi dell`abisso frastuono.
In questi due venefici lavoretti, Nico Mangifesta espone una singolare inquadratura noise che sgambetta malferma, inciampa, cade e si rialza, ma, non ci pensa proprio a fermarsi.
Inciampa goffo e cade rovinoso, si rialza, si spazzola frettolosamente i vestiti impolverati e riprende il cammino.
Semplice, semplicissimo, chitarra acustica, oggetti, effetti e radio, questo per “Riflessi”, in “Natura Inorganica” la chitarra scompare; tutto il resto no.
Complesso e vertiginoso il gioco scelto da Nico, frettolosamente si definisce noise (cosa che effettivamente è), ma in questi mantra per opificio inceppato; lo spazio concesso al silenzio è un`anomalia singolare che induce in ponderata riflessione.
“Riflessi” si rivela lentamente, abile uso dell`arte del depistaggio, narcosi, fra Main e New York, cielo e smog, movimenti impercettibili e violenta tensione di fondo, l`amniotica apertura del primo movimento, isolazionismi da corpo rock e testa impro; metalli sfregati in attesa di un riff che non giungerà mai.
Resta il ronzio valvolare di un amplificatore sparato al massimo dentro una stanza vuota, un carillon a sonorizzare la stanza (vuota anch`essa) accanto.
Nella casa; nessuno.
“Natura Inorganica” getta la fune oltre il bordo del baratro ed inizia la sua allucinata discesa verso il fondo (che non s`intravede...).
Più o meno l`equivalente della luce che piano, scompare.
L`avanzare del buio.
Materiali permeabili, la via d`entrata indicata chiaramente sulle pareti, senza facili pacchianate, Nico Mangifesta scorrazza beato lungo sentieri che incrociano, radicalità storiche assortite, ripetizioni, scalate impervie ed improvvise, carillon infernali, Cage da una parte, Sonic Youth dall`altra (il ronzio, la visione...), industrial poco o nulla, più le fruste dei Velvet che le elucubrazioni dei Coil (tanto per fare un nome...).
Si, forse ci ho preso, i Velvet, c`entrano; tanto.
Nico possiede libero accesso all`utilizzo dei colori, non si limita a rattrappirsi monotono dalle parti di un muro del suono rovinoso.
Allarga le maglie della struttura, non dimentica i rimbombi raggelanti, il feedback d`ordinanza, semplicemente lo produce osservando e gestendo il tutto da un`altra angolazione.
Musica del disagio (o disagevole...), ovvio, ma in progressivo allontanamento dall`incomunicabilità tipica del settore.
Nico è tassello importante del giovane collettivo Tempia, e non disdegna l`incrocio occasionale con altre entità deviate come Lendormin o l`obliquo Carnaio.
Potrebbe combinarne delle belle in futuro; non darci soltanto randellate sul copino.
Massimo rispetto per Nico.
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