Questi due CD, stando a quanto mi dice l'autore, rappresentano il compimento di una trilogia elettroacustica che aveva ricevuto il battesimo con “A Post-Fordist Parade In The Strike Of Events” (uscito nel 2006 su Baskaru); nel trattarli mi sembra quindi logico ripartire da alcuni assunti che palesai nella recensione di quel disco, in particolare da quelli riguardanti il coagulo di stili e tecniche e la napoletanità del Borrelli (che è autentica e non un semplice fenomeno da cartolina).
I partenopeismi li trovo in un indubbio caos, sia nell`uso delle voci sia in certe strutturazioni, che mi fa pensare alla Napoli che disobbedisce alle regole prestabilite (nel bene e nel male), alla Napoli dei richiami da balcone a balcone ed al suo essere un crocevia nel quale confluiscono traffici e culture; ma li trovo anche in alcuni sprazzi di delicata poesia che rimandano ad una rimarchevole tradizione artistica e musicale. Si tratta di un elemento probabilmente impresso nel dna mentale dell`autore e che quindi è destinato ad emergere spontaneamente ed a caratterizzarne il lavoro.
Accanto a ciò c`è la ricerca intenzionale, quella che ha portato (etre) a edificare il suo suono con l`utilizzo di strumenti tradizionali (chitarre, piano, violino, armonica...), scampoli, suoni sintetici, registrazioni varie (di situazioni più che d`ambienti) e quant'altro. Il tutto viene trattato ad hoc in fase compositiva ed i risultati migliori vengono raggiunti nel delizioso “Voices Stomp Flames For Requiem Times”, per me il suo miglior lavoro in assoluto, assemblaggio di quattro piste audio ed una pista audiovisiva.
L`ascolto di “I Can't Take My Head...”, autoprodotto e presentato in una bellissima confezione, genera invece qualche dubbio. Nulla di scandaloso, sia chiaro, ma mi sembra di avvertire qualche clichè di troppo che inficia, in parte, i pur numerosi spunti degni d`interesse; come quando, nella parte finale del secondo brano, viene inserita una specie di coda che dà l`idea di starsene lì soltanto per dare spazio ad una sequenza di kalimba (uno strumento che, in ambito di nuovo minimal-folk, rappresenta la piccola moda del momento). Il CD viene presentato da (etre) come un omaggio al minimalismo, del quale si sentono sicuramente degli echi, ma personalmente lo vedo soprattutto come un omaggio a se stesso, a momenti della sua vita ed alla sua evoluzione artistica, a partire dalla forte impronta surrealista dell`inizio per arrivare alla `skalimbata` finale. E ciò quadrerebbe con il prepotente ego che caratterizza il personaggio. E quadrerebbe anche con l`intenzione, recentemente manifestata da (etre) in più di un`occasione, di convertirsi `anema e core` ai vangeli del nu-folk. Personalmente non nutro lo stesso suo entusiasmo nei confronti di questo genere, che mi sembra essere viziato già in partenza da numerosi formalismi, ma mi auguro comunque che riesca a trovare in questa sua nuova collocazione una strada tanto particolare quanto lo è stata quella seguita fino ad oggi, anche se la cosa mi sembra piuttosto improbabile a verificarsi. Nel frattempo nulla ci impedisce di ascoltare dischi come questi che, seppure con gradazioni diverse, riescono senz`altro a stimolare la fantasia.
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