Siete tra coloro che collegano innovazione a cose-mai-ascoltate, mai-viste, mai-mai-mai...? Dunque questo disco non è per voi! Non è per coloro che seguono le ultime mode in musica, non è per gli estimatori del free-folk, per i neofiti della micromposizione ad olio, per i cultori del sibilo intrauterino, nè per gli amatori del tritatutto digitaloide formato grattugia. Spesso per i 'top' si usano dischi fortemente edulcoranti, prodotti di forti presagi sonori, materiali che si tengono dentro la buona pratica dei 40 minuti netti; questo è un disco diseducante, fottutamente anti-naif (e per questo naif), che se ne sbatte dei tempi e quasi sfonda la durata di un disco, e che mette insieme gli ultimi sistemi massimi della musica degli anni '80, di quello che poi era confluito nel Massive Attack, o di quello che già prima non smetteva di sorprendere nei Kirlian Camera, nell'elettro-dark, nelle ramificazioni post-rock di Enfant Rouge, nel dopo industrial di Worship the glitch, nel glitch quando non era ancora materia di Rehberg ovvero agglomerato cuneiforme nè defecazione androide di Frans De Waard. Provate a mettere The moving box: un pezzo magistrale con un lead synth modulare prodotto certamente dalla Clavia, ed un paio di beat che spaccano sulle basse, una potenza che io ritrovo solo nei materiali dei Suicide, e che per costellazione, forza luciferina e lungimiranza comunicativa tocca la lode, se non il capolavoro: provate a sentire come finisce, come i synth s'inviluppano fino al crollo. E` un disco che piazza destri in continuazione, materiale assolutamente privo di barocchismi, che fa uso di tutto ciò che c'è di scuro per richiamare una marea di cose che si sono sentite, strarisentite, che oggi hanno soltanto quella nostalgia e che lasciano più di una nostalgia per quello che è stato forse il primo vero e proprio indipendentismo italiano. E dire che dei Duozero non ricordavo nemmeno di avere tra la discografia il loro primo "Programma", non sapevo che fossero una parte delle Forbici di Manitù nè niente. Ho messo il disco ed è stato primo amore. E che ne vogliamo fare del fottutissimo September? Sembra venuto fuori da un laboratorio di dissezione muscolare, una specie di IDM fatta nel modo più automatico con un programming che spezza via qualunque tentativo d'innovazione, ma che in parte ammonisce del fatto che tra sforzi, ascolti, incredibili scoperte, è sempre la medesima la forza di cui si ha bisogno: si chiama pulsione, si chiama discorsività , disperato bisogno di completezza, e qui ci sono tutte convogliate in un disco solo. Quando arriviamo ad Illogico, se le orecchie, ci funzionano ancora, ritroviamo un bel campionamento di The dreamer is still asleep: cosa bisogna fare? Prendersela con loro? No, credo di no. Balance sarebbe contento, perchè se non è un campionamento è come minimo il brano più vicino ai Coil prodotto in Italia. Questo è un disco che piacerà a tutti gli amanti della musica post-dark, post-minimale, techno-dance, dissezionistica e modulistica di natura analogica, degli spoken-words, del bello e del brutto dell'indipendentismo italiano degli anni '80 ed è da mettere sullo stesso livello, sullo stesso piano di un'altra opera importante, ed ambivalente anch'essa, che fu l'ultimo Masie formato sanremese. Ascolto obbligato per tutti questi (tra l'altro piace anche a mio padre... siete avvertiti!).
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