Nuovo singolo per il percussionista Matt Weston che torna a un tiro di schioppo dalla pubblicazione dei due mini, “Rashaya” e “Resistance Cruisers” (consulta archivio recensioni). Leggendo il bollettino promozionale della 7272 Music, Weston ha già collezionato un successo più che dignitoso e conquistato ¾ di stampa specializzata: come All About Jazz e Vital Weekly che non hanno atteso molto per insignirlo della prestigiosa carica di rivoluzionario D.O.C. ante litteram del percussionismo sperimentale.
Weston, sì, perseguirà con discreti risultati uno studio peculiare, incline al noise, amalgamato tra percussioni ed elettronica, ma si rimane perplessi nel definirlo già un mostro sacro, ineguagliabile nel suo settore. Sarebbe imperdonabile dimenticare la strada, spianata da tempo, che diversi batteristi e compositori (Günter Müller, Ingar Zach, Jason Kahn...) hanno sperimentato nel rapporto-flirt tra batteria acustica e preparata, percussioni auto-costruite, elettronica e quant`altro.
Ragion per cui in “Holler” si afferrano due brani, piuttosto fugaci e maligni nel carattere, dove è inquadrata ancora una volta la vivacità (e velocità ) elettro-acustica / trasformista del nostro. Lo spiffera nell`orecchio il cigolio micro minimale à mo di drones che in Do You Hear Me? poggia il suo vivere su allentate sfumature di tonalità ; il possibile sfrigolio dei piatti, o di altri metall(od)i in genere, pare condotto in uno stato di perenne narcosi e assume progressivamente l`immagine di tante voci messe assieme, confuse e avvolte reciprocamente in un canto disperato, dalle profonde cavità della terra. Prova contrapposta alla title track che parte convinta in uno slalom spedito tra tocchi d`improvvisata, sfasature elettroniche, micro e macro frequenze noise, imbocchi furtivi di campioni e/o field rercordings. Il rumore metallico è una vera ossessione benigna per la mente di Weston: lo conferma a pieno questo terzo capitolo della carriera solista. Vista la brevità di durata di ora e dei passati lavori, si consiglia vivamente al nostro di intensificare le proprie forze verso la costruzione di un music-work sulla lunga distanza; i tempi troppo coincisi possono alla lunga stancare e apparire sbrigativi.
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