Mats Gustafsson e Yoshimi si sono spesso girati intorno soprattutto in questi ultimi anni; la loro speciale predilezione ad inquinare certo rock aperto alla sperimentazione li ha portati più volte a sfiorarsi negli intrecci labirintici di collaborazioni e progetti più svariate.
L`incontro prima o poi doveva avvenire, ed è stato lo svedese a rompere gli indugi ed a fare gli onori di casa in una serata primaverile del 2005 a Malmoe, e la testimonianza di quell`evento è documentata in questo disco curato dallo stesso Gustafsson.
E` il loro mondo e la loro situazione ideale. Tutto lo spazio che vogliono riempire, tutto lo spazio che vogliono svuotare è a loro disposizione. E non si fanno certo pregare, confermando fra l`altro la loro grande attitudine a creare dialoghi e linguaggi musicali che sappiano funzionare e trovare un punto di contatto anche al primo approccio, sia quando avanzano parallelamente ad imitazione l`uno dell`altro, sia quando si pongono su piani differenti per offrire un più ampio spettro prospettico.
L`improvvisazione non s`improvvisa e questo disco ne è la testimonianza.
Entrambi dispongono di “semplici” strumenti a fiato ma ne esibiscono una sconfinata ricchezza e padronanza, aldilà dei momenti nei quali si avvalgono del supporto di filtri elettronici. La voce di Yoshimi vive di momenti di reale automolestia ed altri sotto ipnosi, passando anche attraverso modulazioni orientaleggianti, richiamo alla tradizione, alle origini.
Il sax, o meglio, i sax di Gustafsson, si trovano spesso a fare da contraltare, rarissimi i momenti in cui vengono souonati nella maniera tradizionale, (non che sia una novità ...), finendo sovente a puntellare lo spazio con accenni percussivi.
Naturalmente è un disco per appassionati del genere, dei due artisti, e per appassionati dell`improvvisazione, il cui fascino è sempre immortale, ma che a volte dà la sensazione di possedere alcuni limiti naturali che ostacolano il coinvolgimento, soprattutto quando il momento non venga vissuto in tempo reale.
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