Gli aficionados della Wallace e i curiosi che fra di voi negli ultimi mesi avranno navigato fra le pagine dell`etichetta di Mirko Spino, avranno notato che fra i materiali distribuiti dalla label milanese compare una giovanissima indipendente 'più o meno jazz' che risponde al nome di Amirani. La prima uscita della stessa vede coinvolto il 'deus ex machina' medesimo della casa discografica pavese: il sassofonista Gianni Mimmo. Tutto come da copione in fin dei conti, molti dei jazzisti che contano, soprattutto dei jazzisti che contano non per blasone ma per qualità e di quelli più vicino allo spirito del Jazz (piuttosto che ai grandi cachet da festival patrocinato dal Rotare), hanno fondato delle loro etichette, basti pensare a Vandermark, Berne, per non parlare dell`indomito Zorn. Un esordio asciutto, 'acqua e sapone' per solo sax soprano, quest`ultimo a quanto pare è la 'voce' preferita da Mimmo, tutto attaccato all`osso senza troppi orpelli lasciando parlare solo suono e partitura, spesso una sola voce, al più due ma senza cascare nella ridondanza. A quanto pare Steve Lacy è stato determinante nella crescita di Mimmo, eppure tutti questi riferimenti al jazz potrebbero essere in un certo modo fuorvianti soprattutto se finissero per farvi immaginare un disco jazz 'purissimo'. Invece per quanto non ci troviamo di fronte alla devianza e al linguaggio radicale di solisti come Kyle Bruckmann (anche se si tratta di solo Oboe), 'One way ticket' è intriso di musica classica contemporanea e contiene reinterpretazioni di alcuni autori che hanno portato il suono di questa musica afro americana oltre gli stilemi del genere: Monk, Mingus, Mitchell (un trio che per alcuni potrebbe suonare come una sorta di santa trinità dal punto di vista della 'evoluzione della specie'). Quindi si tratta di un ascolto ibrido che spesso coniuga l`intensità di una musica che nasce sì dal blues (The Bath, Unsaid e., Jamaican Farewell), ma che poi finisce per ibridarsi con un 'astrattismo' che sa tanto di fine `900 (ad esempio Collateral, i due Interlude e la weberiana Die sonne) e con una matrice di stampo quasi classico (Furniture). Un esordio in punta di piedi che da una parte sembra coniugare una forte efficacia che mira alla comunicazione, dall`altro forse recedere verso un rigore quasi solipsisistico (forse la scelta di webern non è neppure così casuale). Un disco non troppo spigoloso, ma che senza ombra di dubbio richiede un ascolto attento, Mimmo sembra avere una forte predilezione per l`uso dei riverberi medio lunghi in “One Way Ticket”, e se da un lato condiscono leggermente la voce del suo sassofono, dall`altro ambientano in modo molto deciso la musica con la stanza (quindi non prefiguratevi un suono stile ECM vecchio stampo). "One Way Ticket" a tratti mi è sembrato sommesso, virato su tinte che cercano di colorarsi ma che finiscono per rimanete sbiadite come quelle vecchie foto/'storie' di immigrazione che sono state utilizzate per la copertina e che credo ritraggano il padre dello stesso autore a cui questo disco è dedicato.
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