L`incontenibile charme del "No Fun Fest", in quel di Brooklyn, è un evento-caso, un luogo-di-nuove-forme che da quattro anni a venire ha deformato e rincollato, a propria perversa maniera, l`intero pianeta indie-rock-ers americano e non: avviandolo in uno stato di confusione primitiva, affatto che spiacevole. (Ri)definire un solo punto di contatto, tra le entità passate in rassegna, è qualcosa più che assurda: è una strada che non conduce da nessuna parte, in un limbo di no-sense intatto e vergine dove non esiste precisione, pulizia, senso-del-contenimento, tempi chirurgici e slavate sof-terie.
Rumore allo stato brado... il noise dentro una nuova estetica... impregnato di nichilismo elettronico-analogico... di feedback e drones ululanti di dolore... di vibrazioni telluriche alla nitro-glicerina, emesse dai sotterranei di un synth di vecchia data... di incazzati rigurgiti dell`anima... di chitarre prese a calci... smembrate come selvaggina da portare in trofeo... da micro-microfoni sparati in bocca, sino alle pendici dello stomaco... urlanti e fumanti di rumore (più che) intimo... profondo e s-e-n-z-a un`ombra di armonia...
Musica `sanguinolenta`, questa che si insinua dentro il primo documento messo a disposizione del mondo intero, concernente il festival newyorkese intento a mostrare (purtroppo parzialmente) ciò che è accaduto durante le prime due rassegne del 2004 e 2005, quando a dei veterani del settore elettro-truculento, quali i Wolf Eyes, si sono alternati sul palcoscenico giovani leve, come Hair Police, Double Leopards, Carlos Giffoni, Nautical Almanac, Magik Markers, Monotract e degli ossi duri come i Jazzkammer; solo per citarne qualcuno.
Il primo dvd parte proprio bene, con un impasto di jungle-industrial allucinata dei To Live And Shave in LA, passando immediatamente dopo per un progetto / quartetto di Alan Licht con il giovane batterista Chris Corsano, l`improviser nipponico Tamio Shiraishi e Matt Heyner; una compressione di `predicatori dell`improvvisata free` che si getterà alla sedimentazione di un lungo squarcio collettivo degli strumenti, sospeso tra noise e free jazz politicamente sconvolto anni `70.
Delude le aspettative una guest star come l`immortale Kim Gordon, alla bisogna, fattasi accompagnare da un combo di super stelle come quello dei Sweet Ride che comprende no(o)moni, quali Jim O`Rourke, Dj Olive e la lady di ferro, Ikue Mori; tutti musicisti che, nonostante `traffichino` da tanto tempo con Miss Sonic Youth, praticano dinanzi la platea del No Fun una deriva anarchica, per niente piacevole, dove ognuno và per la propria strada, plastificando un ibrido di geometrie digitali e acustiche (l`elettrica sgrattuggiata dalla Gordon) stonato e poco ascoltabile.
Il fiato(ne), o meglio gli stati di panico, riprendono ad attaccare con la scaletta che segue: scagliata dalle sadiche distorsioni della coppia Giffoni & Nyoukis allo sciamanico percorso dei Wolf Eyes, dall`hard-noise-rock degli Hair Police alla `demenza senile` attuata e voluta dai Nautical Almanac, sino al ricco minimalismo dei Double Leopards: di sicuro, una delle band del festival più preparate in fatto di tecnica e assortimento strumentale.
Dell`orgia venuta a crearsi nel 2005, sicuramente, gli ospiti di eccezione vanno ricercati nei granitici Jazzkammer che non mancano di confermare il loro appeal, eletto a marchingegni digitali auto costruiti, frequenze, oscillazioni e soluzioni vivamente drastiche. Personalmente ho amato molto la performance dei Magik Markers, con un occhio diretto in particolare ad Elisa Ambrogio e al modo stravagante di combinare chitarra, oggetti, effetti e voce (o meglio vocalizzi). Altro colpo gobbo è la (ri)presenza di Carlos Giffoni, questa volta, però, orgoglioso di esibirsi sotto la sigla di Giffoni Death Unit: super gruppo avant noise da lui diretto in cui interagiscono il nostro all`elettronica, il chitarrista dei Mouthus Brian Sullivan e ben due batteristi, Chris Corsano e Trevor Tremaine. Inaccessibile una prova di inquadramento della feroce sarabanda provocata dai quattro: power electronics, freak-noise-rock, free-improv... il tutto inscatolato dentro una sublime `arroganza` del volume (POTENTE) e della velocità (SUPER SONICA), chiaramente più che comprensibile, vista l`apparizione dei percussionisti. Per chi volesse approfondire, il loro debutto discografico, “Death Unit”, è fresco di stampa per i tipi della Free-Noise. Ci sarebbero ancora da dire una miriade di cose: l`entusiasmo di certo non sciama quando ci si trova a tu per tu con il noise improvvisato e fuorviato degli Heathen Shame (trio dove spicca la tromba di Greg Kelley e con due full lenght all`attivo per la Twisted Village), con quello sibilante e radente dei Dead Machines o con la PAZZIA vera e propria alloggiata nei Nihilist Assault Group, mascherati come dei lottatori e intenti a suonare persino delle lattine di birra ma, nè mi basterebbe lo spazio di questa recensione, nè riuscirei a raccontare razionalmente ed esattamente un qualcosa di così vasto che travalica generi, attitudini e quant`altro.
Qui si parla di un (nuovo) mondo piuttosto complesso che si lega a pieno titolo con la no-wave, con il noise-rock di Unsane, Melvins, Helmet (solo per fare qualche nome), con l`industrial e con l`elettronica, ma ne sconvolge radicalmente i canovacci. E` un mondo senza tabù, innocente, che trova (piena) soddisfazione nell`ideazione di un sound spartano, grezzo, arcaico...
E` un mondo che, fortunatamente, nasce ancora una volta in quella New York desiderosa di sperimentare nuove musiche e nuove vite. Da quella New York che ha visto albeggiare l`avanguardia di John Zorn e luoghi come il Tonic, il noise continua a respirare mediante un linguaggio fresco e innovativo: costituito da semplici particelle di RUMORE assordante e, proprio per ciò, terribilmente erotico.
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