Tessuti sono i nervi, i fili che si intrecciano, gli strati, i colori, i contrasti.
Tessuti è un confronto e una rilettura delle composizioni di due musicisti straordinari, che hanno saputo coniugare sperimentazione e cantabilità .
Tessuti è una risposta creativa, libera nel cercare poesia tra melodia e rumore. (Paolo Angeli)
«Abbiamo ormai chiaramente a che fare con un `professionista` nel senso vero del termine, se pure si tratti di un professionista che non ha ancora perso il `piacere` di fare musica»: queste parole che avevo utilizzato per concludere la recensione dell'ultimo disco di Giuseppe Ielasi suonano alla perfezione anche per Paolo Angeli. Prima di apprestarsi all'ascolto di "Tessuti", che senza alcun dubbio segna la sua maturità artistica, è dunque utile dimenticare il musicista che chiedeva spazio e attenzione 'urlando' dai solchi di "Linee di fuga". L'idea base intorno alla quale ruota questo lavoro è quella di mettere assieme brani di Fred Frith e Björk, due autori particolarmente amati da Angeli, cementando il tutto con brevi interludi di propria composizione. A chi è stato cresiuto a pane (rock) e acqua (roll) la scelta di riempire un proprio disco con le 'cover' di due autori così blasonati e, nel caso di Björk, anche di grande successo potrà apparire quantomeno discutibile. Ma Angeli, essendo un musicista di tradizione tipicamente jazzistica, è completamente estraneo all'idea di 'cover'. Il termine di riferimento, nel suo caso, è quello di 'standard', dove lo 'standard' era un brano di successo con il quale i musicisti jazz misuravano la propria bravura, attraverso un'interpretazione strumentale attraversata da variazioni improvvisate che ne faceva un canovaccio da plasmare e personalizzare, fino a renderlo un frammento tipico del proprio linguaggio (My Favorite Things scritto da Richard Rodgers per il musical “The Sound Of Music”, ad esempio, è diventato in tutto e per tutto un brano di John Coltrane ed è conosciuto soprattutto come tale), dove proprio la fantasia e la pertinenza di questa metamorfosi erano gli elementi in grado di lasciar intendere qual era la temperatura reale dello strumentista. Ma, pur rifacendosi a questa grande tradizione, Angeli ha dimostrato originalità , evitando con cura quegli `standars` ormai consunti e noti a tutti per crearsene di nuovi e personalizzati, e l'essere riuscito ad accostare i brani di due autori essenzialmente molto diversi l`uno dall`altro, dando al tutto un senso realmente unitario, tanto che "Tessuti" ha più l'aspetto dell'unica suite che non quello della raccolta di brani, può far intendere quanto l'abilità , la personalità ed il gusto del musicista sardo si sono ormai evoluti e consolidati; e se gusto e personalità possono essere qualità innate, l`abilità è chiaramente un elemento acquisito in anni di applicazione e di attività concertistiche. Lo stesso “Tessuti” è stato rodato a lungo in concerto, prima di venire fissato su supporto tramite una registrazione ambientata (nel Castello di Mongiorgio presso di Bologna) ed effettuata in presa diretta. Angeli ha detto di avere effettuato tre 'riprese' di ogni singolo brano e di avere poi scelto quella che gli sembrava essere la migliore, un sistema di lavoro che ci riporta nuovamente nelle tracce del grande jazz, nello specifico al metodo che venne utilizzato per registrare i massimi capolavori di quella musica. Il chitarrista ha fatto tutto da solo, senza utilizzo di elettronica, ad eccezione di un brevissimo loop di chitarra in Ahead In The Sand, di una radio gracchiante in Lelekovice e di una voce `fantasma` (*) in Navajo; da solo con la sua `ghiterra` e poco altro, ovvero con quella che a livello di base è una `ghiterra` ma che presa in mano da Angeli e accuratamente rettificata diventa viola da gamba e pianoforte, violino e strumento a percussione, fisarmonica e pipa.... Detto questo e detto della musica, che si pone in linea e come diretta evoluzione dei suoi precedenti dischi in solitudine “Linee di fuga” e “Bucato”, resta di dire di un avvicinamento al linguaggio di Telonious Monk, ancora il grande jazz, avvertibile soprattutto in quelli che sono gli interludi. Ecco che un disco all`apparenza modaiolo (cosa ci può essere oggi di più modaiolo del rifare un pezzo di Björk!?!!) finisce con l`essere quanto di meno trendy possa esistere. “Tessuti” invita alla riflessione, com`è prerogativa delle opere concettuali più riuscite, e allo stesso tempo non nega il piacere dell`ascolto. Una tappa fondamentale nel percorso di un grande musicista.
Quello che segue è un elenco dei dischi in cui erano originariamente inclusi i pezzi di Frith e di Björk:
Anchor Song e One Day su "Debut";
Hyper-ballad su "Post";
Unravel su "Homogenic";
Desired Constellation su "Medúllla";
Ahead In The Sand e Navajo su "Speechless";
Lelekovice su "Quartets";
e The Hand That Bites, firmata da Frith, Zena Parkins e Tom Cora, su "The Country Of Blinds" degli Skeleton Krew (**).
Lo split con Gustafsson è in circolazione già da prima dell`estate e fa parte della serie in vinile voluta da Xabier Iriondo della quale ci siamo già occupati in occasione di “Zu With Xabier Iriondo / Iceburn”, mentre è già in circolazione il terzo capitolo della serie “Ovo / Sinistri With Xabier Iriondo”. Il brano di Angeli è stato registrato in pubblico, dimensione che gli è sicuramente molto congeniale, alla fine di Giugno del 2006 (una trentina di giorni dopo aver registrato “Tessuti”), e mi pare confermare l`idea di un avvicinamento alla musica di Telonious Monk. L`ottima registrazione mette in mostra nel modo migliore le qualità poliedriche del suo strumento, dall`utilizzo dei martelletti a quello delle piccole ventole a motore, dall`uso del pizzicato a quello dell`archetto, e in numerosi altri particolari. Così come mette in mostra la presenza di una logica improvvisativa che mai esce dai binari del (buon) senso nè si perde nel caos fine a se stesso. Per quanto riguarda il sassofonista svedese non posso esser certo definito un suo aficionado, tutt'altro, dacchè troppe sono le volte che a suo nome mi è stata spacciata la lolla per oro. La mia parola ha quindi doppio valore se sostengo che i suoi tre pezzi sono ottimi e, dopo un inizio di quelle che Arrigo Polillo (pace all`anima sua) avrebbe definito come `pernacchie`, evolvono in un fraseggio sempre interessante, che può passare dal sussurrato al ragliato, e giocano su una intrigante gamma timbrica, dal momento che lo strumentista utilizza strumenti non proprio consueti come i sassofoni basso e baritono ed il flautofono. Per quanto riguarda Angeli credo che questo ottimo lavoro potrà contribuire a farlo conoscere presso un pubblico più ampio e diverso da quello che gli è abitualmente affezionato.
(*) L'idea della voce 'fantasma' è chiaramente in tono con l`ambientazione del vecchio castello, e forse un giorno potremo sapere anche a chi appartiene.
(**) Sembra proprio che Tom Cora, da sempre una delle ispirazioni più sentite di Paolo Angeli, non abbia voluto saperne di essere lasciato fuori dalla porta e sia rientrato di soppianto dalla finestra.
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