Sono molte le novità che agitano l`ascolto di “Drunken Forest”; i Death Ambient riprendono a comporre dopo otto anni da “Synaesthesia” con una visione delle scenografie ambient che salvaguarda solo in parte l`imprinting isolazionista e acustico, distaccandosi dalle impalcature oscure, fumose e, per un certo verso, scarne che avevano indelebilmente bollato le antecedenti reunion del trio Frith-Mori-Hideki. Ma le novità non si fermano qui, perchè vi è da segnalare l`ampliamento del combo al percussionista Jim Pugliese il quale compare come special guest - quasi - in tutte le piste del cd, allargandosi all`impiego di tromba in Qianwei Sky e mbira in Coral Necropolis. La presenza di Pugliese gia può rendere l`idea della scossa interiore che subisce l`ensemble nell`allestire paesaggi più corposi e densi di movimento ritmico; intendendo quest`ultimo sempre con un senso delle cose decisamente alato & astratto. La semplicità e linearità che traspariva dalla combinazione di basso-chitarra-drum machines degli albori va, purtroppo non con meraviglia, straripando in una smisurata concezione-desiderio di espansione strumentale: il solo deus ex machina dei Ground Zero, Hideki, amplia il raggio d`azione ad una matassa di strumenti che prelude dal basso e arriva a lambire chitarra acustica, sintetizzatore analogico, violino, banjo, mandolino, fisarmonica, ukulele, lap steel guitar, soprano e alto recorder, voce ed elementi come vetro, ghiaccio e acqua. Il bagaglio è ampio, non c`è che dire, ma fa si che il trio volga ad una totale (s)deviazione del proprio spirito: concependo un groviglio di situazioni che con l`introversione del suono hanno pochissimo di che flirtare e che, a tratti, sconfinano in spossate ballate neo folk; vedi e senti con tristezza la facile linea epica di Thermohaline - degli Animal Collective un pochino più nichilisti - che ribollisce al calare di accordi languidi e facili inserti elettronici. Anche la Mori ripone nel cassetto l`inseparabile batteria elettronica e pone lo sguardo unicamente sul portatile, formando a spruzzi i pochi attimi degni di complessità . “Drunken Forest” è, quindi, un lavoro posato sulla mera sufficienza che si fa apprezzare per frangenti come Greenhouse (ambient catartico elettro acustico, ricamato a colpi di loops, dall`aumento progressivo d`intensità ), Belarus e la `grondante` (onni)presenza dell`acqua, come fattore dominante di A Cocktail Of Chemicals, ma che può risultare indigesto e semplicistico nei (risaputi) giochi estensivi di Frith in - ancora - Thermohaline, nel fracassante eccesso di Qianwei Sky e, ancora, nei mal riusciti accostamenti tra moderna elettronica e richiamo alla tradizione di Yellow Rain e di altri momenti a seguire. Un patchwork dai colori stonati, una soluzione di elementi (troppi) mal combinata che per la prima volta nella storia, porta i Death Ambient ad una, seppur non mastodontica, sconfitta.
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